Figli di un dio minore. Fantasmi, sballottati da una sede all’altra, da un posto all’altro, come pacchi postali. “Forse perché gli alunni della nostra scuola sono per la maggior parte di colore oppure stranieri?”, si chiede, a ragione a questo punto, una delle docenti, Paola Santoro. Lei, insieme ad altri undici colleghi, guidati dalla dirigente Maria Stella Battista, insegna al Cpia (Centri provinciali per l’istruzione degli adulti) di Avellino, via Zigarelli, per la precisione.
Già, proprio quella scuola, l’istituto dove a settembre dovrebbero trasferirsi nove classi del Convitto Nazionale “Pietro Colletta”. La sede di corso Vittorio Emanuele dovrebbe essere oggetto di un intervento di miglioramento sismico e manutenzione straordinaria. Lavori che, come da cronoprogramma, dovrebbero concludersi il 6 luglio 2024. Al momento, c’è un condizionale grande come una casa. Ma condizionale o non, questi lavori prima o poi si faranno.
E chi sarà sacrificato, ancora una volta? Il Cpia. “Per noi è l’ennesimo trasloco, così non possiamo più andare avanti”. Un altro “sfratto”, contro il quale, però, questa volta la protesta sarà vibrata. La dirigente già sta provvedendo ad interessare le istituzioni competenti, i docenti – come potete notare – sono sul piede di guerra.
Son circa 500 gli alunni che usufruiscono di quella scuola, a turno ovviamente. Il Cpia sembrava aver trovato una stabilità, dopo i vari “passaggi” di istituto. Prima la Leonardo da Vinci, poi il Provveditorato, il centro sociale e, infine, via Zigarelli. Se le classi del Convitto dovessero effettivamente trasferirsi, per il Cpia si paventa un ritorno presso la sede del Provveditorato.
“Sarebbe un passo indietro per noi. Quella sede non va bene, non ci sono gli spazi adeguati. Ormai in via Zigarelli ci eravamo ben attrezzati, con la lim in ogni aula, laboratori, per poter fare corsi di formazione ed altro. Se dovessimo andare al Provveditorato, tante di queste cose, forse tutte, non le potremo più fare”.
Il Cpia non si trova solo ad Avellino ma anche in altri comuni irpini. Ma il problema della sede è atavico soltanto nel capoluogo, dove l’amministrazione comunale – la competenza è la sua – non ha mai trovato una sede adeguata a questa scuola che svolge una funziona di dubbia importanza.
“Il nostro scopo principale è di elevare il livello culturale della popolazione adulta ed integrarla nei nuovi stimoli socio-antropologici del nostro tempo. Abbiamo sempre ottenuto degli ottimi risultati ed anche delle gran belle soddisfazioni. Il Cpia di Avellino è formato da un team di docenti che, in piena sinergia, dal percorso di alfabetizzazione in poi, accompagna diversi apprendenti, alcuni oggi laureandi, fino all’università. L’età degli studenti è in costante calo, ma l’utenza continua ad essere variegata”.
Diversi anche i laboratori digitali che sono stati istituiti nei plessi di Avellino e Sant’Angelo dei Lombardi, con corsi di alfabetizzazione informatica. “La nostra scuola si propone di essere sempre al passo con i tempi, adottando nuovi modelli organizzativi, privilegiando metodologie sperimentali e di apprendimento cooperativo, facendo un’accurata selezione dei contenuti disciplinari, assicurando relazioni in un buon clima relazionale. L’idea del nostro Cpia è di fare della scuola un luogo ideale dove chiunque, da qualsiasi situazione provenga, possa vivere un’esperienza serena conoscendo o riscoprendo se stesso”.
Un principio nobile ed utile alla società. Soltanto se, qualcuno, lo capisse per davvero. Le istituzioni, insomma, sono chiamate alla propria responsabilità.