Ente Provincia – “Accendere prima il cervello”: è il messaggio pungente e diretto a chi continua a “cedere a tentazioni illuministiche” danneggiando la politica. A chi continua a perseverare nella logica del tatticismo in nome di un disegno preciso: cancellare la Margherita.
Accuse di un ex presidente che ha deciso, dopo mesi, di rompere il silenzio. E’ Francesco Maselli, l’ex numero uno di Palazzo Caracciolo stanco di assistere alla ‘negazione della politica’. Non risparmia nessuno, né tantomeno il nuovo vertice di Piazza Libertà Alberta De Simone: a lei le sollecitazioni e le sferzate per un Ente i cui risultati ad “oggi non si vedono, se non quelli lasciati in eredità dalla Giunta Maselli”. L’esponente della Margherita appare esterrefatto e risponde alle accuse mosse con tanto di carte alla mano. Velenoso per certi versi, acuto e moderato per altri: uno charme che gli è consueto.
Presidente, da primo ex inquilino di Palazzo Caracciolo, come vede la situazione che si sta delineando all’interno dell’Ente provinciale?
“Rompo il silenzio rispetto alla Provincia, al quale mi ero consegnato perché ho ricevuto telefonate da parte di ex consiglieri di maggioranza e di minoranza, che un po’ indispettiti dalle dichiarazioni rese dalla De Simone, mi hanno sollecitato a puntualizzare alcune cose. Dopo una lunga notte, ho deciso di scrivere una lettera che invierò questo pomeriggio (ieri, ndr). Probabilmente manca la consecutio temporum. Tutti i progetti illustrati esistevano un anno e mezzo fa. Non voglio polemizzare ma all’indomani delle elezioni si parlò di continuità o discontinuità: a me sembrava pretestuosa questa disputa. Strumentale anche. Mi sarei aspettato in un anno che si richiamasse il lavoro in progressione, partendo dalle impostazioni iniziali. Invece addirittura questi progetti (Pir, Pit, Por…) c’erano e tutti avviati e finanziati. Ha parlato (si riferisce al bilancio tracciato dalla De Simone, ndr) di informatizzazione dell’ente, progetto della comunicazione, iniziative quali l’internazionalizzazione… Assumere questi argomenti per dire: ‘c’è stata una svolta’, mi pare una contraddizione. Se poi la svolta è stata ‘nel rispetto della trasparenza e delle regole’ (frase usata dalla De Simone in conferenza stampa, ndr), qui c’è stata la reazione dei consiglieri e degli assessori. Se vogliamo considerare la vicenda dell’Istituto Francesco De Sanctis, qualcuno deve spiegare il finanziamento di due miliardi di vecchie lire e altri 10 per il Carcere Borbonico. Oggi tranne l’approvazione del progetto di 20 miliardi – e sarebbe il caso chiedersi come, di un tale architetto Intorcia, su incarico del Preside Cassano e su strutture che non sono della Provincia – di altri non ve ne è traccia. Qualcuno dovrebbe leggersi le lettere inviate al Preside per avere le chiavi della struttura. In sei mesi non le abbiamo avute. Perché c’era il progetto commissionato dal Preside che mi rifiutai di fare proprio”.
Come spiega poi il cambio di rotta, tutto in direzione della Provincia?
“Avranno trovato la strada per farlo”. E ancora “vorrei sapere dove siano oggi i Pir, Por, i Pit culturali: siamo stati i primi ad avere il finanziamento e a ricevere i fondi più proficui rispetto alle altre Province. In spregio di questo, la dirigente Cultura è stata mandata via”.
Il presidente De Simone, nel tracciare il suo bilancio, ha messo in evidenza come l’Ente lasciato in eredità avesse delle ‘falle’: tipo il vuoto della dirigenza.
“Avrei lasciato un ente senza dirigenti? C’è una norma, l’incarico dei dirigenti a tempo determinato scadeva con il mandato del Presidente. Era noto. Potevano essere richiamati con una delibera di Giunta. Avevo preparato i concorsi: il segretario provinciale dei Ds (Aurisicchio, ndr) in pieno consiglio provinciale mi diffidò dal farlo, prima della campagna elettorale: sarebbero stati clientelari. Forse avendo saputo in anticipo che la presidenza sarebbe andata ad un esponente della Quercia, evidentemente li voleva gestire lui in prima persona. Quei dirigenti si erano macchiati della grave colpa di essere stati collaboratori della Giunta Maselli. Tutti sono stati mandati a casa: Bocciero, i due Monaco, Pedicino, D’Elia che era stato da me e da alti rappresentanti delle Comunità Montane, proposto come direttore del costituendo Trade Point – un ufficio dell’Onu che la Provincia di Avellino era riuscita ad ottenere, l’unica nel centro Sud, per facilitare il commercio internazionale -. L’Onu ha revocato l’autorizzazione. L’ufficio non si è aperto più, per evitare che D’Elia potesse ritornare. Accompagnato dalla solita campagna di denigrazione artatamente costruita nella logica ricorrente e tipica dei comunisti. I fatti però hanno dato ragione alle capacità dei dirigenti che hanno trovato lavoro, forse anche più qualificato. Per correttezza non feci la nomina di D’Elia perché il mio mandato era in scadenza. Volutamente la rinviai”.
Rispetto alla sua legislatura, cosa è cambiato?
“Non è cambiato nulla. In alcuni dirigenti dei Ds – anche se ho rispetto dei componenti – molto meno, di alcuni che non perdono mai l’abitudine di cedere a tentazioni illuministiche. Fin quando ci saranno questi dirigenti (D’Ambrosio, Aurisicchio, ndr), il centrosinistra non potrà diventare mai un’alleanza di governo”.
Cosa non va?
“C’è troppo tatticismo e la voglia di cancellare la classe dirigente – e questo anche con l’ausilio di altre forze politiche – di annullare la presenza della Margherita. E’ questo il nodo. L’utopia comunista avrebbe un senso, se fosse una rivoluzione che distrugge per creare qualcosa di nuovo. Quando continuiamo a leggere i D’Ambrosio, gli Aurisicchio, i Giusto, cadono le braccia. C’è un disegno ben chiaro: la scelta dei collegi è emblematica. C’era un accordo avvallato tra l’altro dallo stesso Fassino che prevedeva il passaggio del collegio della De Simone all’Udeur. Mi stupisce che proprio quest’ultimo non reagisca. Mi viene da pensare che è sicuro, forse, di mantenere il collegio”. A questo punto tirando le somme: “un collegio ai Ds, uno all’Udeur, chi dovrebbe perderlo sarebbe la Margherita. Il tutto per un indebolimento della presenza della stessa. Sentirsi dire che la crescita del centro è motivata dal pericolo di rinnovamento della nostra provincia, è cosa paradossale. Invito la stampa a tracciare una mappa del potere in provincia di Avellino. Ne vedremmo delle belle”.
Cosa intende?
“L’Udeur rivendica, legittimamente con il 10% un collegio elettorale; i Ds con il 14% chiedono di mantenere due collegi parlamentari; la Margherita con il 28 – 30% dovrebbe avere il doppio: 4 collegi parlamentari, stando alla logica dei numeri. E siamo a sette senza considerare le richieste dei Socialisti, dei Comunisti Italiani, dei Verdi, etc. etc. Evidentemente c’è chi non ha dimestichezza con i numeri, oppure li utilizza solo per eleggere qualcuno. Sono davvero sconcertato. Come può essere il centrosinistra credibile agli occhi della gente, quando un provocatore come Aurisicchio si permette di dire che i toni di De Mita sono sbagliati – in ogni caso se li è meritati -. Un unico errore abbiamo commesso – e l’ho detto in seno alla direzione provinciale – un eccesso di confidenza che ha consentito di consumare qualche vendetta, cosa che non deve in politica mai accadere. Quando gli accordi si fanno nella pretesa della vendetta, sono assolutamente sbagliati: portano altri guasti”.
Alla luce delle fibrillazioni, della non condivisione di alcuni dell’operato De Simone, come vede il futuro dell’Ente che per cinque anni lei ha presieduto?
“Non seguo da vicino e neanche da lontano le vicende della Provincia. Stando a quello che leggo, e alle dichiarazioni rese anche dall’assessore Di Milia, non mi pare che le cose stiano così come si può cogliere dall’esterno. Ho l’impressione, tra l’altro che ci sia una certa distrazione di parte dell’informazione. Con me la stampa era incalzante, ora o non ha argomenti sui quali scrivere o preferisce ignorarli. All’interno che vi siano frizioni è naturale se prevale il dialogo, se prevale la correttezza nei rapporti, la lealtà e si svolge tra persone che si intendono. Non mi pare che siano queste le condizioni. La miccia è stata accesa dai Ds ora spetta a loro fare un esame critico e autocritico – è anche segno di lungimiranza -. Non si può pretendere di dare uno schiaffo ad una persona e non attendersi una reazione proporzionata all’azione messa in atto. Bisogna accendere prima il cervello”. E così ad un anno ed oltre. Maselli ritorna a parlare – sfidando se stesso – su Palazzo Caracciolo, sulla continuità amministrativa e sulla lunga querelle con Aurisicchio (avversario di sempre) e D’Ambrosio. Il personaggio Maselli, nel bene o… nel male, ritorna sul palcoscenico della politica provinciale. Insomma, Signori si parte: la commedia o la realtà della politica nel nostro territorio, terrà banco nelle discussioni delle calde serate estive e non. (di Teresa Lombardo)
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