I bimbi di Gaza, le violenze di genere e la missione dei “pellegrini di speranza” nel messaggio del vescovo

0
596

“Coraggio, pellegrini di Speranza: varchiamo la Porta Santa con le chiavi della fiducia nel futuro e non saremo confusi in eterno. Buon Natale a tutti e a ciascuno!”. Si chiude cosi’ il il messaggio del vescovo di Nola, Francesco Marino, per il Natale del Signore, dedicato al tema: “Nell’umana divinità di Cristo, la divina umanità di ogni uomo”. Prende spunto dalla conosciutissima nenia natalizia Tu scendi dalle stelle, scritta a Nola da sant’Alfonso Maria de’ Liguori . Il dolce canto, dal dicembre 1754, ricorda il vescovo Marino, «ci ha aiutato ad allestire con lo sguardo e con l’udito il più bel presepe, per custodire nel nostro cuore la memoria vivente di Dio fatto bambino che pone “la sua tenda in mezzo a noi” (cfr. Gv 1,14). Ed è così che i nostri occhi sono diventati del celeste riflesso luccichio delle stelle e le nostre orecchie come una culla dove la Parola è adagiata soavemente dalla voce della madre Chiesa raccolta in preghiera. Che mistero grandioso! La Parola attraverso il canto si fa storia, affinché il Verbo eterno diventi carne nella nostra carne».  Il tema del rapporto tra umanità e divinità in Cristo dà il via ad una profonda e commovente riflessione sul mistero dell’Incarnazione che interpella anche l’umanità di ciascuno: «In un tempo in cui sembra che la natura umana sia solo limite e fragilità, il Natale del Figlio di Dio fatto uomo, al contrario, ricorda e annuncia a tutti che anche noi siamo fatti di “polvere di stelle” e non di fango e di miseria. Diventiamo anche noi – in certo modo – “consustanziali” al Padre perché figli nel Figlio. Tale è l’admirabile commercium, espressione caratteristica coniata dai Padri della chiesa per sintetizzare il cuore del messaggio cristiano; ossia: lo “scambio miracoloso” che avviene nel Natale tra il divino e l’umano, per cui Dio assume la natura umana, affinché l’essere umano possa essere divinizzato», scrive il vescovo. 

Scoprirsi parte di Dio chiama a una grande responsabilità verso l’altro che pure ne fa parte: «Quel Bambino divino tremante nel presepio, infatti,  prelude al Crocifisso di Nazareth freddato sulla croce del Golgota e in tutti i “venerdì santo” della storia dell’umanità. L’amore che Dio ha per noi gli è costata il caro prezzo della passione di cui il Figlio Gesù si fece carico. Come non pensare perciò a tanti bambini cui “mancan panni e fuoco”, come canta Sant’Alfonso, e che ancora oggi tremano per il freddo e la paura sotto i bombardamenti a Gaza, in Israele, in Libano, in Siria, in Ucraina e in ogni parte del mondo a causa della guerra, della fame, dell’emergenza abitativa, dell’abuso, della sopraffazione. Non possiamo permettere che quel Bambino divino continui a tremare nel grido silenzioso dei tanti, troppi, aborti. Non possiamo permettere che la carne dei poveri, dei senza tetto, dei lavoratori precari sia terrorizzata da politiche disumane e contrarie alla dignità della persona. Non possiamo permettere che gli immigrati, anche sul nostro territorio diocesano, siano rifiutati e esclusi o sfruttati e aggrediti. La carne umana è carne di Cristo e merita sempre protezione e accoglienza», aggiunge monsignor Marino.
Ecco come e perchè i cristiani vivono e portano la speranza, seguendo il Signore e seguendo Maria: «Maria è chiamata a generare rimanendo povera, espropriandosi anche dei suoi sogni, dei suoi desideri, delle ricchezze delle sue pur legittime aspirazioni di madre e di donna. Anche il parto è povero, senza una stanza adeguata. Deve fidarsi totalmente di Dio e affidarsi a Colui che, come ella stessa canta nel Magnificat, “ha guardato all’umiltà della sua serva”. Dio ha apprezzato il suo essere tapina, minima, povera… Siamo chiamati, dunque, con Sant’Alfonso a guardare e ad innamorarci di questa povertà che diventa la sostanziale compatibilità con la scelta di Dio e con la logica del Vangelo. Solo una terra vergine, dissodata dalle pietre dell’orgoglio, dell’indifferenza cinica ed individualista, della conflittualità rivendicativa e vendicativa, del tornaconto, dell’interesse e del profitto e di ogni forma di inquinamento, può partorire Cristo ancora oggi. Essere “vergini” significa amare nella più pura gratuità senza possedere l’altro, senza asservirlo alle proprie pretese. Lo riaffermiamo in un tempo in cui sembra voler affermarsi una certa violenza di genere, un ritorno dei nazionalismi gretti ed egoisti, un tentativo costante di sopraffare con la propria prepotenza anche attraverso la multimedialità e la comunicazione massmediale», scrive ancora monsignor Marino, concludeundo con un invito ad essere sempre più pellegrini della speranza che viene da Cristo perchè «abbiamo bisogno di una speranza “vergine”, che ci renda sempre più consapevoli che come è accaduto per Maria durante l’Annunciazione, ancora oggi l’Angelo dice alla Chiesa: «lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1, 35). Da questa certezza nasce la Speranza! Di questa speranza, che è Giubileo per tutta l’umanità, vogliamo farci pellegrini come ci ricorda il motto dell’anno santo che stiamo per iniziare. Attraversiamo la porta di Cristo, per un passaggio continuo dalle stelle alla grotta, andata e ritorno. Squilli lo Jobel e il suono di questo corno annunci un anno di conversione, di pace, di riscatto, di liberazione e promozione umana. Sia tempo di indulgenza per tutti, perché la terra possa riposare, ogni debito sia condonato, ogni offesa perdonata con la misericordia che il Signore non ci fa mai mancare».