Avellino – Domani scatta il periodo saldi, il più atteso per i famosi ‘acquisti a prezzi decenti’. Per le numerose offerte che hanno caratterizzato questi ultimi periodi gli sconti non sono un novità. Per fortuna e meno male. Perché, in un certo qual modo, vuol dire che i consumatori, con il comportamento del non-acquisto, hanno cominciato a far valer il loro potere, convincendo i commercianti che, se vogliono vendere, devono prima di tutto avere prezzi concorrenziali. Ma, ‘non acquisti’ a parte, c’è un consiglio che non va assolutamente sottovalutato: quello di informarsi prima. Opinione comune è che i prezzi da scontare siano gonfiati così da far sembrare occasione un prodotto il cui prezzo a saldo è praticamente uguale a quello con cui era venduto prima. E anche se si scopre questo ‘trucchetto’, oltre ad una segnalazione presso l’associazione di categoria, se ne può solo prendere atto e non sanzionare lo specifico commerciante. Nel decalogo dei consigli questo è senza dubbio il primo ma il vademecum è ricco e dettagliato.
Non fermarsi al primo negozio che pratica sconti, ma visitarne diversi e confrontare i prezzi esposti e la qualità della merce di riferimento. In seguito non si potrà rivendicare il cambio di un prodotto solo perchè il negozio a cento metri più in là vende lo stesso ad un prezzo dimezzato.
Non lasciarsi ingannare da sconti che superano il 50 per cento del costo iniziale. Nessuno regala niente. Difficilmente un commerciante ha ricarichi superiori al 50 per cento a meno che non si tratti di un artigiano che produca da sè e che nella determinazione del prezzo ha margini e logiche più ampie.
Ricordarsi che prezzi tipo ‘49,90’ euro vuole dire ‘50,00’ e non ‘49,00’, anche se il prezzo indicato induce a pensare più a 40,00 che a 50,00.
Le forme di pagamento non differiscono da quelle abituali, perchè siamo in presenza di transazioni commerciali e il prezzo di acquisto non modifica le regole. Quindi diffidare di chi impone il pagamento in contanti pur avendo esposta la segnalazione della convenzione con un istituto di carte di credito o bancomat. Si può chiedere di usufruire di questa forma di pagamento e, in caso di diniego, segnalarlo all’istituto di credito, che potrebbe anche annullare la convenzione con quel commerciante.
Guardare le etichette che riportano la composizione dei tessuti: i prodotti naturali costano di più, quelli sintetici meno. La percentuale di composizione può variare notevolmente e incidere sul costo finale.
I capi d’abbigliamento riportano l’etichetta con le modalità di lavaggio e conviene sempre chiedere conferma al commerciante di ciò che è indicato: la sua esperienza può servire a prevenire spiacevoli sorprese dopo che si è portato il capo d’abbigliamento in lavanderia.
Essere pignoli. Di un capo verificare se è di pura lana vergine o di lana. La seconda può essere riciclata, la prima no. Di un capo di cotone chiedere la provenienza: i prodotti dei Paesi asiatici possono essere trattati con pesticidi o antimuffe che al contatto con la pelle possono provocare allergie.
Diffidare dei capi d’abbigliamento disponibili in tutte le taglie e colori: è molto probabile che non sia merce a saldo, ma immessa sul mercato solo per l’occasione e quindi con un finto prezzo scontato.
Diffidare dei negozi che espongono cartelli tipo ‘la merce venduta non si cambia’: esistono regole precise del commercio che impongono il cambio della merce non corrispondente a quanto propagandato o perchè difettosa. Il fatto di essere in saldo, non significa che queste regole non siano valide. Ricordarsi che non esiste il diritto di recesso negli acquisti fatti in un esercizio commerciale: per cui se si è sbagliata la taglia o si è semplicemente cambiato idea, è solo la disponibilità del commerciante che può ovviare al problema, ma non c’e’ un diritto del consumatore.
Redazione Irpinia
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