Addio a Gramendola, il giudice “amanuense” da pretore alla Cassazione

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Francesco_Paolo_Gramendola

AVELLINO- Un giudice “amanuense” che amava scrivere a penna le sue sentenze, centinaia, redatte in circa quaranta anni di servizio nonostante l’avvento di macchine da scrivere e poi di personal computer.

Un servizio da servitore dello Stato chiuso nel 2014 con il ruolo più alto per un consigliere della Suprema Corte, quello di Presidente di Sezione Penale della Corte di Cassazione. E’ cosi’, ricordando quella devozione per il suo lavoro e quella passione, che avvocati e magistrati avellinesi descrivono Francesco Paolo Gramendola, il magistrato scomparso due giorni fa ad 83 anni, più della metò trascorsi proprio nelle aule per decidere su decine di processi.

Tanti si sono stretti intorno ai suoi familiari, la moglie Maria Chirico e i figli Davide e Fabrizio. Napoletano di nascita ma ormai irpino di adozione, visto che dal 1979 non aveva lasciato più Avellino, il giudice Gramendola aveva iniziato la sua carriere da funzionario prefettizio in Sardegna alla fine degli anni 60. Nel 1970 inizia invece quella nella Magistratura. Il primo incarico è quello di pretore mandamentale a Soresina, in provincia di Cremona. Sara’ li’ fino al 1976, quando diventerà giudice istruttore a Montepulciano. Sarà quello il ruolo ricoperto fino alla chiusura della sua “carriera” da magistrato. Dal 1979 arriva ad Avellino, dove fino al 1985 ha ricoperto l’incarico di giudice istruttore, per anni ha composto il collegio Penale presieduto da un altro compianto magistrato, il presidente Maruotto.

Anni in cui è stato apprezzato e ricordato proprio per quelle sentenze scritte a mano. Da Avellino nel 1995 passa alla Corte di Appello di Napoli, sempre come giudice componente del Collegio Penale. L’arrivo poi in Cassazione nel 2006, dove ha ricoperto l’incarico di Consigliere prevalentemente nella V e VI Sezione Penale. Per anni, fino al 2014 quando ha lasciato il suo ruolo da presidente. In tempi di intelligenza artificiale e di macchine e numeri, quella di Gramendola e’ una storia di “romanticismo” della Giustizia di un tempo. Storie che a distanza di anni dall’ultimo passaggio e dall’ultima sentenza ancora sopravvivono tra le mura del Palazzo di Giustizia di Piazza D’Armi.
Aerre