Alfredo Picariello – A metà novembre, in un solo giorno, sono stati ricoverati per covid anche 150 pazienti. La direzione generale dell’azienda ospedaliera “Moscati” di Avellino dà i numeri sull’emergenza coronavirus vissuta dal plesso irpino a partire dal 1° di settembre ad oggi. “L’impegno è stato duro – sottolinea il manager Renato Pizzuti in conferenza stampa – . La seconda ondata è stata più difficile da affrontare rispetto alla prima, i numeri sono stati molti più consistenti, nonostante non ci siano stati focolai come, invece, a marzo, emblematico il caso di Ariano Irpino. L’Irpinia, in ogni caso, è stata la zona meno penalizzata in una situazione in cui l’epidemia è stata più consistente in Italia”.
I numeri, dunque. Da settembre, sono stati ricoverati al “Moscati” 438 pazienti. Quelli dimessi a domicilio e da pronto soccorso, sono stati 188. In 77 sono stati trasferiti in cliniche private accreditate. Ad oggi sono ricoverati 89 pazienti. “Assistiamo – dice ancora Pizzuti – ad una rassicurante stabilizzazione. Ma occorre essere sempre attenti, l’allerta non finisce, perché siamo difronte ad una malattia molto insidiosa”.
78 sono le persone morte dal 1° settembre ad oggi, di cui 64 residenti in provincia di Avellino e 14 di fuori provincia. La letalità, ovvero il rapporto tra il numero di morti per covid-19 e il numero dei pazienti ricoverati e affetti dal virus), è stata del 18,35% (78 decessi su 429 ricoveri), mentre nel trimestre marzo-maggio 2020, del 24,4%.
L’età media dei decessi è di 77,62; la mediana di 79,5; il range 37-93 (56). Morti più uomini (56,41%) che donne (43,59%). La media dei giorni di ricovero delle persone che non ce l’hanno fatta a sconfiggere il coronavirus è di 10,84. Il 56,41% ha superato i 7 giorni di permanenza ospedaliera, mentre l’11,54% è stato ricoverato per 1 giorno o solo per poche ore.
Le comorbilità più ricorrenti. Quella più rilevata (18,34%) è stata l’ipetensione arteriosa, seguita dal diabete mellito di tipo II (14,01%) e dalla cardiopatia ischemica (10,14%). Seguono l’obesità, la sindrome da allettamento, vasculopatia cronica, il morbo di Parkinson, l’epilessia.
“Come detto – spiega il manager – ci troviamo ad affrontare un virus subdolo, per questo motivo dobbiamo essere sempre in prima linea, attrezzati ed efficienti. Di continuo ci confrontiamo con tutto il personale e con le organizzazioni sindacali”. Un esempio classico in tal senso è la rimodulazione del covid hospital. Al secondo piano c’è la terapia intensiva, al primo e a quello zero, la subintensiva. Questi due piani, però, sono già predisposti per una conversione in terapia intensiva. Poi c’è il piano -1 che prevede la degenza ordinaria.
“Come principio, abbiamo cercato di lavorare per dare flessibilità all’assistenza, proprio perché questa epidemia è imprevedibile. Ci possono essere degli eccessi improvvisi di afflusso in ospedale. Noi dobbiamo rispondere a questi grandi impatti in poco tempo, ci siamo preparati proprio per rendere flessibile l’organizzazione dell’ospedale. Un esempio tipico è proprio l’organizzazione della palazzina Alpi”.
E’ stato potenziato anche il Pronto soccorso. I posti letto sono stati portati da 14 (giugno 2020) a 30 (novembre 2020). Di questi, fino a 15 posti letto sono dedicati a pazienti covid accertati e sospetti. C’è un ingresso dedicato per pazienti covid accertati e sospetti, seperato dall’ingresso per pazienti non covid.
Per la sicurezza sia degli utenti che degli operatori sanitari, sono stati predisposti 6 termoscanner per il rilevamento della temperatura ed il riconoscimento della mascherina. Uno si trova presso il “Landolfi” di Solofra, uno all’ingresso principale della città ospedaliera, 1 ingresso laterale Farmacia, due ingresso di fronte al parcheggio interrato, 1 nella palazzina uffici amministrativi.
Per la sicurezza degli operatori sanitari, ecco sei docce sanificanti. Due a Solofra, 1 al Pronto soccorso, 1 al covid hospital, 1 a Malattie Infettive, 1 a Medicina d’urgenza.
Al “Moscati” il primo paziente covid positivo in Campania in trattamento Ecmo (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation, ovvero ossigenazione extracorporea a membrana). Il 14 novembre scorso un paziente positivo di 41 anni ricoverato al covid hospital con 88% di compromissione polmonare, in seguito a peggioramento del quadro respiratorio, è stato trattato con Ecmo. “Una trattamento che non è presente in tutti gli ospedali”, sottolinea Pizzuti. “Consente di mettere a riposo i polmoni per tutta la durata del trattamento. E’ possibile applicarlo solo in casi particolari”.
“Il più grande problema sanitario si creerà subito dopo l’epidemia”, afferma il Dg. “C’è il covid ma non solo il covid”. Ed infatti, i numeri della prestazioni non covid dal 1° settembre sono indicativi. Parliamo, ad esempio, di 247 per ortopedia e traumatologia, 49 cardiochirurgia, 409 ostetricia e ginecologia, 118 breast unit, 107 ematologia con trapiano di midollo, 170 urologia, 180 cardilogia, 144 oculistica, 142 oncologia.
Effettuati anche cinque trapianti di midollo che non potevano essere effettuati al Cardarelli di Napoli. “C’è in atto un grande sforzo per tutto l’ospedale. Abbiamo bisogno, ovviamente, di procedere a nuove assunzioni. Il personale medico è carente, in tutta Italia lo è purtroppo. Pneumologi e infettivologi sono figure rare dappertutto. Stiamo cercando di ovviare a questi inconvenienti con la multidiscplinarità. Purtroppo abbiamo avuto problemi con l’ultimo bando della Protezione civile. Nell’emergenza spesso non si fanno le verifiche adeguate sui nominativi che vengono proposti”.