Vallo Lauro, il rito dei “biancovestiti” nel Patrimonio immateriale della Campania

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VALLO LAURO- Un incontro per “celebrare” l’iscrizione nell’Inventario per il Patrimonio Culturale Immateriale Campano (quella ottenuta con un Decreto dell’agosto scorso) dei canti dei Biancovestiti del Vallo di Lauro nei riti del Venerdì Santo. L’appuntamento organizzato nella serata di ieri nella Chiesa di Santa Margherita e Potito di Lauro. Associazioni e Proloco dei sette comuni insieme sotto il segno di uno degli eventi più importanti della Settimana Santa. Presenti anche tre gruppi completi di Biancovestiti (Lauro, Marzano e Moschiano) e i rappresentanti degli altri gruppi del Vallo di Lauro, il sindaco di Moschiano Sergio Pacia insieme ad una larga parte degli amministratori, il consigliere comunale Paola Scafuro, il consigliere comunale di Marzano di Nola Alessandro Sepe, il presidente provinciale dell’Unpli Giuseppe Silvestri. Il risultato conseguito e quelli a cui si sta lavorando (il Carnevale di Pago Vallo Lauro e la Festa dell’otto settembre di Quindici) sono la dimostrazione, come hanno ribadito Francesco Sepe, l’ex dirigente scolastico che aveva gia’ lavorato con gli eventi per Dante ad iniziative unitarie in tutto il Vallo e il maestro Antonio Ferraro che con le idee legate alla valorizzazione della cultura del Vallo di Lauro a partire dal risultato dei biancovestiti, si può lavorare in sinergia, tutto il Vallo di Lauro a partire dalle Pro Loco e dalle Associazioni unitariamente e con risultati importanti. Al “padrone di casa” , il parroco Don Luigi Vitale il primo intervento sull’importanza e il valore religioso degli eventi legati al Venerdì Santo nel Vallo. “Ho visto la piazza piena. E qualcosa di bellissimo, emozionante. Fa vivere ancora più intensa la passione di Gesù” il sacerdote, ricordando il suo primo venerdi’ santo nel Vallo ha chiuso cosi il suo intervento . Nel corso della serata sono state intonate anche alcune strofe dai gruppi presenti. A partire da quello di Lauro, che ha intonato la strofa legata all’Undicesima Stazione della Via Crucis: Cristo inchiodato sulla croce. La dodicesima stazione invece al gruppo di Marzano, quella di Cristo che muore sulla croce e il “Trema commosso il mondo” ai biancovestiti di Marzano. Infine la Tredicesima stazione : “Verso degli occhi il cuore” ai biancovestiti di Moschiano. “Un punto di partenza e non di arrivo”. Questo per Antonio Ferraro lo spirito con cui va visto il traguardo raggiunto dalla tradizione dei biancovestiti. A lui spetta una panoramica storica sui riti e sulla loro identità. Lo fa chiamando in causa, come farà dopo anche Sepe, il contributo che ancora oggi, post mortem da’ alla crescita del Vallo di Lauro il lavoro svolto dallo storico Pasquale Moschiano. “Chi sono Biancovestiti?- spiega Ferraro- II Professore Pasquale Moschiano, nel suo libro “I riti della settimana santa nel Vallo di Lauro” ce li descrive o meglio ci descrive come cantori delle tenebre, i quali, vestiti di un camice bianco stretto ai fianchi da un
cingolo e con in testa la corona di tralcio di rovo spinoso, escono dai propri paesi
nelle primissime ore del mattino lasciando nell’aria I’eco dei loro canti, che
risuoneranno per tutta la giornata”. Da uomo e maestro di musica non poteva mancare anche un approfondimento sulle strofe e sulle parole: “Grazie allo studio meticoloso del caro Severino Santorelli abbiamo, almeno per quanto riguarda l’aspetto testuale, delle prime certezze: quelli che si credevano essere versi di Pietro Metastasio, sono in realtà testi di Luigi Antonio Locatelli; la certezza ci viene fornita dallo stesso Pietro Metastasio il quale, nel marzo del 1749, si rivolge a Locatelli in una letter a manifestando il suo rammarico per questa attribuzione impropria dei versi. Parliamo dei versi che compongono le strofe delle XIV stazioni della Via Crucis: ogni strofa si compone di 2 quartine di versi, di cui 3 settenari con l’ultimo senario. Tale quadratura metrica permette ai conti di poter abbinare qualsiasi strofa al proprio canto L’aspetto musicale, invece, è quello che ancora oggi non è ben definito. Una melodia semplice, ma non banale. Intonata polifonicamente a cappella da un coro misto di uomini e donne, secondo l’antica prassi del “cantus planus binatim” (antica pratica della polifonia a 2 voci ancora utilizzata nel 700, non misurata, in cui le voci procedono costantemente nota contro nota). prassi descritta giả da Fra Salimbene de Adama da Parma (religioso del 1200) nella sua Cronica (una delle fonti storiche più interessanti del XIlI secolo poiché tratta una cronaca della vita religiosa politica italiana di 120 anni che vanno dal 1168 al 1287). In concreto, che cosa avviene? Che alcuni intonano la melodia base altri improvvisano il d’incanto, ossia una voce che procede per seste, terze ecc.” A tracciare una sintesi del lavoro fatto e di quello che bisogna ancora fare e’ Francesco Sepe, che sulla base di una “indagine” riesce a trovare una probabile datazione al rito dei biancovestiti, di cui si ignora al momento l’eta’ della nascita. Sulla base della “croce” dei biancovestiti di Quindici, custodita da Clemente Santaniello, che avrebbe riferito fosse stata tramandata dal suo bisnonno, il calcolo di Sepe riporta le lancette quantomeno a due secoli fa. Per questo Sepe rileva come di tratta di una tradizione che ha: “Quasi duecento anni, ed e’ una delle cose più belle e preziose che abbiamo nel Vallo di Lauro”. Dopo questo riconoscimento il messaggio ai gruppi dei biancovestiti e’ chiaro: “Siete certificati, il percorso continua. A breve abbiamo un appuntamento importantissimo alla rassegna di Capaccio Scalo. A gennaio poi si dovra’ ripartire e pensare ad una Associazione dei biancovestiti del Vallo di Lauro.Bisogna diventare una struttura per tutto l’anno, perche’ non basta piu’ solo cantare il Venerdi’ Santo”. Sepe, dopo la lettura affidata ad Angela Grasso della proposta che ha avuto l’ok dalla Regione, ha ricordato come il Vallo di Lauro sia una terra che e’ stata massacrata negli anni da “terremoti, alluvioni, eruzioni del Vesuvio. Non bastassero le calamita’ naturali si registra anche una denatalita’ e scuole che si impoveriscono. Una terra triste ed infelice. Ma ha tante risorse e può contare su tanta gente di buona volontà”.