Sicurezza Autostrade, Procura di Avellino in trasferta: sequestri anche sui viadotti dell’A14 Bologna-Taranto

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L’inchiesta-bis su Autostrade per l’Italia della Procura della Repubblica di Avellino si estende ben oltre i confini della provincia irpina. Dopo i sigilli su barriere e corsie di 12 viadotti dell’A16 Napoli-Canosa fra Baiano e Benevento e l’apertura del fascicolo conoscitivo sullo stato di quelle poste lungo i viadotti dell’A27 Ponte delle Alpi e Rio Salere, il Procuratore Rosario Cantelmo e il sostituto Cecilia Annecchini, titolari dell’indagine, hanno disposto il sequestro preventivo di altre 10 barriere sui viadotti dell’autostrada A14 Bologna-Taranto.

Si tratta dei “Fosso San Biagio”, “Campofilone”, “Santa Giuliana”, “Santa Maria”, “Cerrano”, “Marinelli”, “Valloscura”, “Petronilla”, “Sp e Fosso Calvano” e “Vallelunga”, posti fra le uscite Pescara Ovest e Pedaso in provincia di Fermo.

L’inchiesta, come si ricorderà, nasce dalla perizia del perito d’ufficio Felice Giuliani, professore dell’Università di Parma, il quale durante il processo per la strage di Acqualonga, che il 28 luglio del 2013 causò 40 vittime, contestò ad Autostrade per l’Italia, la società concessionaria della rete autostradale in Italia, di non aver rispettato quanto previsto nel regolamento recante istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza.

In particolare la Procura, e i suoi consulenti, accusano Aspi di aver utilizzato materiale scadente e tecniche inadeguate, mettendo a rischio l’incolumità degli automobilisti.

In pratica per i pm Autostrade avrebbe sostituito le precedenti barriere, denominate “Liebing Plus”, già omologate e certificate, con barre filettate inghisate di malta cementizia, così da compromettere notevolmente la capacità di contenimento in caso di urto con veicolo pesante e la maggiore rigidezza della stessa a seguito d’impatto con veicolo leggero, tale da non mantenere un indice Asi inferiore al valore prescritto di 1.4.

L’esecuzione del sequestro è avvenuto sulla scorta dei pareri forniti dai consulenti della Procura Andrea Demozzi e Mariano Pernetti, i quali hanno spiegato che dopo la sostituzione delle barriere, trattandosi quindi di una nuova tipologia, si sarebbe dovuto procedere all’omologazione prima dell’installazione e non dopo. Dunque, per i ct, il nuovo sistema non può ritenersi certificato, tanto che diversi crash-test eseguiti in passato hanno dato esito negativo e soltanto uno, tra l’altro eseguito con un veicolo leggero (un’automobile), ha dato esito positivo.

Il registro degli indagati, dopo quest’ultimo sequestro, sale a cinque: fra i quali sono compresi tre dirigenti della concessionaria, uno dei quali già condannato in primo grado a cinque anni per la strage di Acqualonga.

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