SERINO- Nessun elemento per sostenere un processo per omicidio nei confronti di Ottavio Pelosi, il settantenne di Serino accusato di aver concorso nella morte violenta di un suo familiare, il cinquantenne Giovanni Pelosi, deceduto all’alba del 3 maggio 2021 presso il Moscati di Avellino dove era stato trasportato dal 118 con un trauma alla testa e diverse escoriazioni e ferite. A distanza di quasi due anni dalla vicenda arriva la svolta. Ma non è quella che si attendevano i familiari dell’uomo deceduto. La Procura di Avellino ha infatti chiesto l’archiviazione nei confronti dell’unico indagato per omicidio, proprio Ottavio Pelosi, difeso dagli avvocati Michela Pelosi e Raffaele Tecce (che avevano eseguito anche investigazioni difensive), che abita in Via Vicoletto Ferrari I, a monte della lunga scala di pietra e marmo che collega al vecchio borgo di Ferrari, dove all’alba del 3 maggio fu ritrovato Giovanni Pelosi. Proprio nell’abitazione al civico 8 di Pelosi l’uomo deceduto avrebbe trascorso le ultime ore di vita. Dalle indagini dei Carabinieri della stazione di Serino e quelle del Norm della Compagnia di Solofra, dagli accertamenti del Ris di Roma e dalle risultanze dell’esame medico legale eseguito dalla dottoressa Carmen Sementa, non sarebbero emersi elementi tali per dimostrare in un processo che oggettivamente Pelosi Ottavio abbia avuto un ruolo nella morte del suo familiare. Per questo motivo il pm Cecilia Annecchini, il magistrato che ha coordinato le indagini dei Carabinieri agli ordini del capitano Gianfranco Iannelli, ha chiesto al Gip di archiviare il procedimento.
IL FATTO
La vicenda giudiziaria parte notte tra il 2 e il 3 maggio 2021. Intorno alle 3:30 della notte la madre della vittima viene informata da una sua familiare del fatto che suo figlio si trovasse riverso a terra in. Via Ferrari. La donna allerta la figlia e in pochi minuti sono già sul posto. Purtroppo la segnalazione era vera. Li trovano Giovanni Pelosi con una grossa ferita alla testa, con le mani insanguinate e soprattutto con escoriazioni e ferite alle ginocchia e al sopracciglio. Scatta l’allarme al 118. Il ferito viene trasportato al Pronto Soccorso del Moscati, dove morira’ poche ore dopo, quasi alle 6:30 del 3 maggio 2021. Le indagini dei Carabinieri di Solofra erano scattate subito. Nel primo sopralluogo eseguiti dai militari si era appyrato che oltre alla grossa macchia di sangue nei pressi di una cabina Enel e del posto dove era stato trovato Pelosi in stato ormai di semi incoscienza erano presenti altre macchie nel percorso a ritroso, fino all’imbocco della scalinata, sessanta metri e poca distanza dall’abitazione di Ottavio Pelosi. Era lì che i Carabinieri avevano trovato un cappellino ancora sporco di sangue che Pelosi indossava, come raccontato anche da alcuni testimoni, la.sera della tragedia. Nella vicenda emergono i primi particolari e almeno due certezze. La prima. Giovanni Pelosi era uscito di casa intorno alle 19. A casa di Ottavio Pelosi sarebbe giunto intorno alle 22:30 e sarebbe andato via, come raccontato dallo stesso indagato in fase di escussione di testimoni informati sui fatti, intorno alle 23. Ma come è stato già spiegato in precedenza, il rinvenimento dell’uomo era avvenuto solo dopo le 3:30 della notte. Ma in particolare: quante persone erano presenti a casa di Pelosi quella sera? Il settantenne avrebbe sempre raccontato di essere stato solo con il suo familiare, che era in stato di alterazione dovuto all’alcol. E che per la preoccupazione aveva sollecitato la vittima a farsi accompagnare. Cosa rifiutata da Pelosi. Dopo la seconda rampa di scale aveva salutato il suo familiare e fatto rientro a casa. Una versione che non ha convinto gli inquirenti. Così la casa di Pelosi viene sequestrata e si cerca di capire il contesto e la dinamica del fatto. Le dichiarazioni di Pelosi non sarebbero veritiere. Ma le prove contro di lui non sono sufficienti per andare a processo. Nessun elemento particolare.
L’AUTOPSIA
L’accertamento medico legale sulla salma della vittima non avrebbe sciolto completamente il giallo. Due le ipotesi che sarebbero emerse dall’esame. Quella di una serie di ferite (tranne quella alle costole probabilmente dovute alle manovre mediche con particolare attrezzatura) rimediate dalla vittima che si trovava in stato di alterazione dovuta all’alcol e barcollava. Un’ipotesi di ferite compatibili con superfici come quella del vicolo dove sono avvenuti i fatti. Ma non è esclusa anche quella dell’aggressione. A sciogliere i nodi le indagini dei militari Ma anche su questo versante nessuna evidenza. Cosa succederà ora? La famiglia della vittima, la moglie e gli altri familiari, rappresentati dall’avvocato Nicola D’Archi, potranno decidere di impugnare il provvedimento della Procura e sarà il Gip a decidere con un’udienza camerale se c’e’ necessita’ di ulteriori approfondimenti.