AVELLINO- “I debiti per pignoramenti e procedure esecutive nel Bilancio 2013 non superavano i 90mila euro, quando la soglia per il Comune di Avellino era di 250mila euro”. Gianluigi Marotta, dirigente dei Servizi Finanziari di Piazza Del Popolo ha chiarito così la contestazione per cui si trova a processo per le ipotesi di falso nei documenti finanziari dell’Ente del 2013 insieme all’ex assessore Angelina Spagnuolo e i revisori dei conti Ottavio Barretta, Antonio Savino e Antonio Pellegrino, difesi dagli avvocati Benedetto Vittorio De Maio, Carmine Danna, Luigi Petrillo, Raffaele Tecce, Italo Benigni, Francesco Debeaumont. Marotta ha deciso di sottoporsi all’esame in aula davanti al giudice monocratico del Tribunale di Avellino Gian Piero Scarlato, rispondendo alle domande del suo difensore Giuseppe Saccone e del pm Luigi Iglio. Le circostanze e i numeri che sono stati portati in aula dal dirigente comunale di Avellino erano stati già rappresentati sia in un interrogatorio reso nel 2016 dallo stesso al pm (acquisito ieri agli atti) e sia in sede di udienza preliminare con spontanee dichiarazioni. La vicenda e’ abbastanza complessa, trattandosi poi di un Bilancio con relativi allegati come quello del Comune di Avellino. Il punto su cui verte l’ accusa è legato al parametro 5 degli indicatori certificati ogni anno al Ministero dell’Interno per verificare lo stato di rispetto e i rischi che il Comune possa essere strutturalmente deficitario. Per la Procura questo indice era stato sforato già nel 2013 (lo sarà nel Bilancio successivo, quello del 2014 portando ad uno stato di predissesto). Per Marotta invece in quel documento finanziario non erano stati sforati i numeri per certificare che anche il parametro 5 (sono dieci quelli totali e non si deve superare la metà) fosse stato superato. Ma perché Marotta sostiene questo. Il dirigente comunale ha chiarito che i tre pignoramenti presi in considerazione dalla Procura nelle indagini non potevano essere considerati esistenti. Quando un atto è nullo, non esiste e non poteva essere iscritto tra quelli a carico dell’ente. La non procedibilità dei pignoramenti e’ stata presto spiegata dal dirigente comunale. La società che aveva infatti sollecitato i pignoramenti, non si era rivolta infatti alla Banca che gestiva la Tesoreria dell’ente , come prevede la normativa, ma a Banca d’Italia. Una procedura errata e quindi un pignoramento inesistente. Anche sui numeri dati dagli inquirenti relativamente al presunto sforamento il dirigente non si trova concorde. In una prima consulenza si era fatto riferimento ad una cifra intorno ai dodici milioni di euro. Qui c’è stata anche una battuta di Marotta: “Guardi, rispetto a questi numeri o sarei stato un grande delinquente o un grande ignorante”. Per la verità poi la cifra contestata avrebbe riguardato uno sforamento di circa 330mila euro. Significativo, su sollecitazione del suo legale, anche il distinguo tra due documenti che compongono la questione giudiziaria. Il foglio di calcolo che viene come detto tecnicamente “mandato in stampa” ed è un documento provvisorio che nasce dalle attività di verifica dei vari settori, tenendo presente per quanto riguarda i provvedimenti esecutivi quelli che sono stati definiti o ritenuti nulli. Altro rispetto alla certificazione dei parametri per la deficitarieta’ strutturale dell’ente. La Procura ha insistito molto sull’interpretazione dell’articolo 159 Tuel, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento dei pignoramenti. Per Marotta la stessa considerazione è superata dal fatto che quegli atti erano nulli e che solo quando l’anno successivo erano stati riproposti, avevano determinato lo sforamento del parametro 5 e lo stato di ente strutturalmente deficitario. In aula e’ stato ascoltato anche uno dei revisori. Il processo è stato aggiornato al 13 luglio per ascoltare i testi della difesa.
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