Dalla base NASA di Cape Canaveral, in Florida, è stato lanciato in orbita un veicolo per trasportare fino alla Stazione Spaziale Internazionale un mini-laboratorio, ideato e progettato dalla società ALI S.p.A. del gruppo Space Factory.
Si tratta di ReADI (REducing Arthritis Dependent Inflammation) Second Phase, incentrata su uno studio relativo all’osteoporosi, curato dal professore Geppino Falco, del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ e coordinatore scientifico del Laboratorio di Staminalità e Rigenerazione Tissutale di Biogem. La ricerca focalizza l’attenzione sui meccanismi molecolari dell’osteoporosi associata a condizioni estreme, come quelle dello spazio extra-terrestre, caratterizzato da microgravità ed irraggiamento cosmico.
L’esperimento punta a studiare elementi funzionali per la prevenzione o l’attenuazione dell’osteoporosi e coinvolge anche la società sportiva SS NAPOLIBASKET S.R.L., interessata ai risultati della ricerca per un’eventuale futura applicazione in ambito sportivo. All’interno del MiniLab 1.0 saranno studiati, in particolare, gli effetti prodotti su tale patologia da composti naturali selezionati nell’ambito della collaborazione tra il Dipartimento di Biologia della ‘Federico II’ e l’azienda sannita Erbagil S.R.L, altro partner della missione.
‘’Utilizzeremo cellule mesenchimali esposte alla microgravità e agli irraggiamenti cosmici per un periodo di rotazione di circa due settimane intorno al nostro pianeta – annuncia il professore Falco – già al lavoro alla NASA con il suo gruppo di ricerca. Lo spazio è un ambiente estremo, difficilmente replicabile sul nostro pianeta e causa un’accelerazione del processo di invecchiamento cellulare. Tale peculiarità – precisa ancora Falco – rappresenta un’opportunità per comprendere i meccanismi molecolari alla base dell’osteoporosi e per valutare l’efficacia di trattamenti incentrati su sostanze naturali con proprietà antiossidanti ed antiinfiammatorie’’.
Una volta completato il volo spaziale, le cellule dell’esperimento saranno trasportate fino ad Ariano Irpino (AV), dove verranno analizzate dal punto di vista molecolare nei laboratori di Biogem, con tecnologie e metodologie avanzate. La grande speranza dei ricercatori dell’Istituto irpino e dei loro colleghi dell’Università ‘Federico II’ è quella di accrescere la conoscenza dei meccanismi generali alla base dell’invecchiamento, per meglio fronteggiarne le conseguenze sulla Terra.
In ogni caso, si spera almeno di poter attenuare, mitigare o rallentare gli effetti dell’invecchiamento accelerato in orbita, a vantaggio degli stessi astronauti, sempre più coinvolti in missioni di lunga permanenza nello spazio e destinati a viaggi nel cosmo di durata crescente.
‘’Verifiche che – chiosa il professore Falco – ci potrebbero consentire di fare un po’ più di luce sui misteriosi meccanismi dell’invecchiamento cellulare, fino a farci capire perché, a parità di età, invecchiamo in maniera diversa, sperando di migliorare tutti, almeno un poco, le nostre performances’’.