Nascita di nuove imprese, Irpinia ai minimi storici

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L’analisi dell’andamento demografico delle imprese nelle cinque province della Campania, effettuata attraverso il dataset di Movimprese, che aggiorna, trimestre dopo trimestre, i dati relativi alle imprese registrate, attive e cessate in ciascuna provincia italiana, consente non solo di disporre di un quadro aggiornato sulla struttura imprenditoriale della regione, ma anche di comprendere con maggior grado di dettaglio gli effetti della crisi del 2022.

Questa analisi è contenuta nel “Rapporto Pmi Campania 2022”, realizzato dal Centro studi Piccola Industria di Confindustria Campania con il contributo dell’Abi.

I dati mostrano il forte rallentamento della natalità delle imprese in Campania segnato nel 2022, in certi casi con un’intensità superiore alle medie italiane. Intanto occorre segnalare come, per la prima volta dal 2009, si sia registrato per la regione un numero di iscrizioni sotto la soglia delle 30 mila unità.

In tutte le cinque province, si sono toccati i minimi storici: ad Avellino per la prima volta il numero di iscrizioni è sceso sotto la quota delle 2 mila unità, a Benevento sotto la quota delle 1.500 unità, a Caserta sotto quota 5 mila, a Napoli sotto quota 16 mila. Anche a Salerno, dove il dato è andato al di sotto dei livelli del 2020, finora il peggior anno nell’arco temporale osservato, si è toccato il minimo storico.

Se il saldo iscrizioni/cessazioni rimane positivo in Campania nel suo complesso così come a Napoli, Caserta e Salerno, un preoccupante segno rosso si accende ad Avellino (-13) e a Benevento (-35).

Confrontando i dati della Campania con l’andamento registrato in Italia, si può osservare come il tasso di crescita (TR), calcolato come rapporto percentuale tra il saldo tra iscrizioni e cessazioni nel periodo e lo stock delle imprese registrate ad inizio periodo, risulti pari a 0,94 contro lo 0,79 medio italiano, mostrando un netto rallentamento rispetto al 2021, quando era stato pari a 2,11 (contro un tasso dell’1,42 per l’Italia nel suo complesso), mettendo a segno la migliore performance tra le regioni italiane dietro al solo Lazio. In particolare, nel 2022 si sono iscritte in Campania 29.616 nuove imprese a fronte di 23.380 cessazioni, con un saldo di +5.786 (era stato di oltre 12.700 nel 2021).

Il tasso di crescita più consistente nel 2022 è stato registrato dalle province di Napoli (+1,30%) e di Caserta (+1,01%), entrambe sopra la media regionale, mentre sotto la media si posiziona Salerno (+0,64%). Avellino e Benevento, come già ricordato, hanno registrato tassi negativi.

Il tasso di iscrizione (TI) nell’anno, calcolato come rapporto percentuale tra il numero di iscrizioni nel periodo e lo stock delle imprese registrate ad inizio periodo, oscilla tra il 5% di Napoli e Caserta e il 3,9% di Benevento, con una media regionale del 4,84%, inferiore al dato medio italiano (5,11%).

Il tasso di cessazione (TC), calcolato come rapporto percentuale tra il numero di
cessazioni nel periodo e lo stock delle imprese registrate ad inizio periodo, vede come aree di maggior criticità le province di Avellino, Benevento e Caserta, attestandosi attorno al 4%. La media regionale è stata pari al 3,90%, quella italiana pari al 4,33%.

L’analisi per tipologia di impresa indica nelle province di Salerno (15,3%) e di Avellino (14,9%) le due aree con il maggior numero di registrazioni di imprese artigiane in percentuale dello stock di imprese registrate, mentre a Napoli la quota è sotto il 10%. In ogni caso, la distanza della Campania dalla media italiana rimane elevata (11,7% contro 21,2%).

Interessante è osservare anche il dato sulla quota di società di capitale sul totale delle imprese registrate, un indicatore adoperato di norma per stimare il grado di maturità di un sistema imprenditoriale all’interno di un territorio. La quota più elevata si registra a Napoli, dove appartiene alla classe delle società di capitale il 36,5% delle imprese registrate, mentre si scende sotto il 30% per Avellino e Benevento, un dato inferiore sia alla media regionale (33,7%) sia alla media italiana (30,8%).