Sul caso dei lavoratori della IMS-srl, azienda metalmeccanica che opera nell’area industriale di Morra De Sanctis, al centro di un dibattito tra le forze politiche e sociali, l’intervento di Erminio D’Addesa nella sua qualità di esponente politico di Rifondazione Comunista. “L’azienda nata nel ’91 è stata divisa in due tronconi con una peculiare operazione di cessione di ramo d’azienda nel giugno 99. L’operazione di cessione di ramo d’azienda fece sì che il settore dove erano concentrati i prodotti a maggior valor aggiunto restasse di proprietà della BITRON SPA, mentre nel settore dove erano concentrate le maggiori perdite venisse “confinata” l’azienda madre. L’IMS-SPA fu trasformata in IMS- srl. Dopo 5 anni di agonia e dopo aver precluso all’azienda ogni ipotesi di sviluppo, nel mese di febbraio 2004 la proprietà presentò il conto delle perdite e la conta degli esuberi aprendo una procedura di mobilità per 38 lavoratori. Da fronteggiare non c’era una crisi di mercato, bensì una crisi finanziaria costruita artificialmente, una chiara volontà aziendale a dirottare le lavorazioni verso contoterzisti e di scaricare sugli ammortizzatori sociali il costo della manodopera per ridurre i costi: per queste ragioni, il sindacato, con un ricorso unitario, fece decadere quella procedura. Nel dicembre 2004, il sign. Antonio Di Bari, nuovo proprietario della IMS, presentò un nuovo piano di esuberi che riguardava 57 lavoratori. Questa volta la scelta dell’azienda si orientò nell’utilizzo verso un provvedimento di cassaintegrazione, con l’assenso di CGIL -CISL-UIL, con 12 mesi di CIGS, lasciando, in questo modo, via libera al processo di esternalizzazione della produzione. 50 lavoratori accuratamente selezionati secondi criteri discriminatori furono collocati in CIGS. Allora si disse che la CIGS sarebbe stata applicata “a rotazione” tra tutti i lavoratori. Così non è stato. Anzi, in data 5 dicembre 2005, Antonio Di Bari, Amministratore Unico della IMS, comunicava l’attivazione della procedura di mobilità ai sensi della L.223/91 per 30 unità, su un organico di 125 dipendenti. E mentre si è proceduto, prima alla cassa integrazione e ora pare alla mobilità, la IMS continua a esternalizzare gran parte delle lavorazioni a ditte in appalto.
Così gli ammortizzatori sociali vengono spesi per consentire all’azienda di esternalizzare. E intanto le condizioni di lavoro nello stabilimento della IMS di Morra (e soprattutto nelle sue piccole aziende-satellite) diventano più disumane. Di fronte a tutto questo mi auguro che gli organismi preposti, in primis la magistratura e l’Ispettorato del Lavoro, compiano i necessari accertamenti e impediscano il perdurare di una così grave situazione. Solo con l’avanzare delle lotte per i diritti dei lavoratori si può costruire lo sviluppo in Irpinia!”
COMMENTO
Non ho nessun motivo di mettere in discussione quanto affermato da D’Addesa. E’ una ricostruzione storica precisa, però chiedo a D’Addesa cosa fare per difendere questi ed altri lavoratori irpini e non, che ogni giorno vedono sfumare il posto di lavoro e non trovano, purtroppo, un Sindacato in grado di difenderli. Bene, io credo che sia giunto il momento di porre all’attenzione dei lavoratori e dei cittadini il fatto che il Sindacato organizzato in questo modo, non và e bisogna “Rifondarlo” applicando i 4 punti fondanti : Autonomia, Unità, Pluralismo e Democrazia. Sono disponibile ad intraprendere una battaglia e gli altri…
di Raffaele Pirozzi
24/12/2005 – 19.13