Monsignor Paglia: Papa Francesco sta meglio, il mondo è smarrito ha bisogno della sua voce

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AVELLINO- “Il Papa sta meglio, e ovviamente ci auguriamo che continui questo progresso, perché per lui, personalmente, è una cosa molto bella. Ma devo dire che, in un momento come questo, la sua voce è particolarmente importante. Il mondo è smarrito e c’è bisogno di qualcuno che parli a nome di tutti e non di una sola parte. E Papa Francesco ha sempre fatto questo”. La prima riflessione chiesta e consegnata da monsignore Vincenzo Paglia, alla guida della Pontificia Accademia per la vita e oggi ad Avellino per un convegno organizzato dall’Ordine degli Avvocati di “Etica e Giustizia” riguarda la salute di Papa Francesco.
A proposito di mondo smarrito, qualche giorno fa lei ha usato una metafora bellissima: quella dell’arca di Noè che bisognerebbe ricostruire. Si riferiva anche a questo scenario mondiale, che certo non è dei migliori?
“Esattamente, anche perché ci troviamo – lo diceva già qualche decennio fa Anziónas – sull’orlo dell’abisso. Ma non perché il Padre Eterno sia arrabbiato, bensì perché siamo noi stessi a distruggere il creato, a compromettere la convivenza tra i popoli. In questo senso, il diluvio – cioè quelle onde terribili che sono le guerre, le alluvioni, le ingiustizie che travolgono i popoli più deboli, o almeno le loro parti più vulnerabili – impone un’alleanza tra i diversi “noi”. Perché non ce n’è uno solo, ma esistono tanti uomini e tante donne di buona volontà. Le donne e gli uomini di buona volontà, che hanno a cuore l’umanità, devono ricordare che persino la tecnologia rischiamo di usarla più per distruggere che per costruire.
Ecco perché farei un appello a loro: mettiamo insieme le assi per un’arca che salvi tutti. Che salvi certo le famiglie, gli anziani, i bambini, ma anche gli animali. Noè li portò con sé nell’arca. E attenzione: forse i corvi non possono dircelo, ma quando le colombe ci portano un ramoscello d’olivo, dobbiamo saperlo riconoscere. Perché è di questo che abbiamo bisogno: di un ramoscello d’olivo tra tutti i popoli”.
Lei usa l’espressione “uomini di buona volontà”, dunque non fa una distinzione tra cattolici e non cattolici. Questo vale anche per il tema di oggi: etica e giustizia. Etica e fede possono trovare una sintesi, ad esempio, nel dibattito sul fine vita?
“Devono trovarla. Proprio perché, come dicevo poc’anzi, oggi non si tratta solo di salvare qualche singolo aspetto o qualche prospettiva: dobbiamo salvare l’umano.
Ecco, è l’umano che deve essere salvato, e riguarda tutti. Non dimentichiamo che anche noi cattolici – e qui mi permetto una sottolineatura – dobbiamo riflettere su un’affermazione fondamentale del Vangelo di Giovanni: Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio. Non dice: “ha tanto amato i cattolici”, ma: “ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio per salvare il mondo”. Quindi, anche la Chiesa e noi cattolici non siamo chiamati a salvare noi stessi. Anzi, ci salveremo solo se, come dice Papa Francesco, sapremo proiettarci fuori di noi, per contribuire alla salvezza di tutti”.
Se mi permette una battuta: oggi parlerà a tanti giovani avvocati. Possiamo dire che, con la giustizia, si può salvare l’uomo, mentre la Chiesa si occupa di salvare le anime?
“No, no, no. Io non so se le anime esistano. So che esistono gli uomini, le persone. E la giustizia – ecco, questo dirò – è la vera salvezza. La giustizia non è semplicemente dividere in parti uguali, non è – per fare una battuta – la logica “vi abbiamo dato, ci dovete ridare”. La giustizia è salvare la vita della gente, affinché tutti stiano bene. E in questo senso, o la giustizia è globale, oppure non è giustizia: è solo un nuovo squilibrio tra le parti”.