Non ci sarà nessun processo per Ugo Maggio, il presidente del consiglio comunale di Avellino indagato per minacce nei confronti del delegato del Governatore della Campania Francesco Todisco, per cui dopo la richiesta di archiviazione da parte della Procura di Avellino, che ha fatto seguito all’interrogatorio chiesto dallo stesso indagato e dalla memoria difensiva presentata dal suo difensore, il penalista Luigi Petrillo, e’ arrivata l’ordinanza di archiviazione, quella firmata dal Gip del Tribunale di Avellino Marcello Rotondi, che ha dichiarato inammissibile l’opposizione all’archiviazione proposta dallo stesso Todisco, accogliendo la richiesta della Procura e disponendo che non ci fossero udienze camerali per discutere l’eventuale opposizione. Intanto tutto nasce dalla stessa richiesta che i magistrati di Piazza D’Armi avevano avanzato.
Per la Procura, nello specifico il sostituto Luigi Iglio, dopo l’interrogatorio reso da Maggio e le indagini espletate, sarebbe venuto meno il cosiddetto “elemento soggettivo”, in quanto Maggio avrebbe confermato di aver pronunciato quelle parole in una seduta “molto animata”. Il pm ha sottolineato come il presidente del Consiglio comunale di Avellino avrebbe chiarito di aver pronunciato quelle parole “al solo sindaco in maniera confidenziale, al culmine di una fase “calda” della discussione consiliare, situazione che aveva determinato in lui uno stato di ansia e stress”. Il fatto che lo stesso abbia poi affidato ad un comunicato stampa una richiesta di scuse ufficiali a Todisco e soprattutto che fosse inconsapevole che le sue parole potessero arrivare ad un destinatario diverso dal sindaco per la Procura di Avellino: “lascia più di un dubbio circa l’idoneità dell’azione criminosa”. Per cui anche le ragioni indicate dalla parte offesa, che non avrebbe comunque sollecitato ulteriori accertamenti nella sua opposizione, non hanno portato ad una valutazione diversa da parte del Gip del Tribunale di Avellino, che ha disposto l’archiviazione del procedimento.
Nel provvedimento del Gip Marcello Roto di, oltre alla premessa relativa alla mancata indicazione di indagini suppletive, che avrebbero de plano imposto la bocciatura dell’impugnazione, si entra anche nel merito della decisione e della richiesta avanzata dalla Procura. Il Gip, dichiarando inammissibile l’opposizione avanzata da Todisco attraverso il suo legale, il penalista Nello Pizza, ha infatti sottolineato come : “gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare un ragionevole previsione di condanna”. Ma proprio per quanto riguarda lo specifico reato contestato, quello di minacce, ha anche aggiunto: “non occorre che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo sufficiente che la condotta del soggetto agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima.
Pertanto assume fondamentale rilievo, nella fattispecie al vaglio, che le frasi dal tenore minaccioso fossero rivolte in via confidenziale al sindaco, politicamente vicino alla figura del presidente del consiglio comunale e non alla p.o (parte offesa, ovvero Todisco ndr), che milita in una formazione politica (Pd) che è all’opposizione della giunta che sostiene il sindaco Festa, eletto da una lista civica. Cio’ in quanto, per costante orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, non e’ necessaria la presenza della persona offesa o la sua diretta percezione dell’espressione minacciosa, potendo avere rilievo anche la minaccia indiretta, essendo solo necessario che questi ne sia venuto a conoscenza attraverso altre persone, a condizione , pero’ , che ciò avvenga in un contesto per il quale si ritenga che l’agente abbia avuto la volontà di produrre l’effetto intimidatorio”.
Alla luce di tutte queste valutazioni sull’aspetto ritenuto maggiormente pregnante da parte del Gip, si e’ giunti alla conclusione per cui viene ritenuto “difficile che l’indagato abbia agito con l’intento intimidatorio richiesto, avendo invece pronunciato le frasi contestate-oggettivamemte minatorie- nella ferma convinzione che le stesse non fossero riportate alla p.o e, dunque, senza la consapevolezza e la volontà di intimidirla o di condizionarne l’operato politico”.
IL FATTO
Il presidente del Consiglio Comunale di Avellino Ugo Maggio era indagato per minacce nei confronti di Francesco Todisco, quelle registrate nel corso di una diretta streaming del civico consesso, dopo un accesa diatriba tra lo stesso Maggio e la consigliere comunale Iannuzzi, riferimento in aula dello stesso Todisco. Un avviso di conclusione delle indagini preliminari , quello notificato al rappresentante istituzionale e firmato dal sostituto procuratore della Repubblica di Avellino Luigi Iglio nel giugno scorso. Ad occuparsi delle indagini, acquisendo la stessa registrazione della seduta consiliare e la denuncia dello stesso Todisco sono stati gli agenti della Digos di Avellino, agli ordini del vicequestore Vincenzo Sullo. La Polizia aveva subito avviato accertamenti e acquisito ogni elemento sul caso. Le sue parole del resto erano state inequivocabili. Il presidente del Consiglio comunale, testualmente aveva rivolto minacce gravi all’indirizzo del delegato del Governatore De Luca, dicendo: «se ‘o trovo a Todisco ‘o resto ‘nderra! Dingello a Todisco che ci spacco ‘a faccia!».
IL CASO ANCHE IN PARLAMENTO
La ricostruzione dei fatti avvenuti nel corso della seduta del civico consesso era stata proposta anche in un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Interno Piantedosi da parte del deputato del Partito Democratico Arturo Scotto lo scorso ventisei gennaio: “Il 23 gennaio 2023 il presidente del Consiglio comunale -si legge nell’interrogazione- dalle parole che si sentono in maniera chiara e netta, dal video dello streaming del Consiglio comunale, rivolge pesantissime minacce nei confronti di Francesco Todisco, esponente politico di spicco della sinistra avellinese, già consigliere comunale nell’assise di Avellino, già consigliere della regione Campania ed attualmente delegato all’alta capacità del presidente della Giunta della regione Campania”. Questo episodio fa trasparire la totale assenza di senso delle istituzioni e inaffidabilità del presidente Maggio nel rivestire un delicato ruolo di garanzia, quale quello di presidente del Consiglio comunale in una città importante e che è anche capoluogo di provincia, come Avellino”.
LA DIFESA DI MAGGIO: VICENDA CHE NON DOVEVA FINIRE IN TRIBUNALE
Sulla conclusione della vicenda e’arrivato anche il commento del difensore del presidente Maggio, il penalista Luigi Petrillo: “Si conclude nel modo da noi fin dall’inizio auspicato una vicenda che non avrebbe mai dovuto varcare le porte del Tribunale. Vogliamo dare atto al Pubblico Ministero ed al Giudice di aver compreso l’ effettiva caratura morale del Presidente Maggio, ingiustamente additato al pubblico ludibrio per null’altro che uno sfogo personale, peraltro espresso in forma privatissima, che solo in una prospettiva di bassa politica si era voluto indebitamente rappresentare come lesivo della libertà psichica di qualcuno”.