AVELLINO- “Mio zio era nato a Montoro Inferiore nel 1918, aveva soli venti anni quando fu catturato a Forlì e deportato a Weingarten, in Germania. Lui era in un lager vicino al Lago di Costanza. Non lo so se era per lavori forzati o qualche altra cosa, ma ci raccontavano che pelava sempre patate. Morì in prigionia nel marzo del 1945″. Il racconto e’ quelllo trasmesso in famiglia: “Mia nonna mi raccontava che la sua quotidianità era scandita dagli stenti e dai lavori forzati. Per un po’ riuscì a inviare lettere ai familiari, gli arrivavano pure. Poi non ebbero più notizie, le lettere non arrivarono piu'”. Famiglie in cui le ferite dopo anni sono state sempre aperte: “Mia nonna, anche dopo anni dalla guerra era dispiaciuta al massimo. Perché la morte di un figlio è una cosa terribile”. Il ricordo dell’ultimo saluto a suo zio: “Avevo cinque anni quando tornò la salma a Montoro nel 1965 con un camion militare. Si fa fatica a ricucire una simile ferita del genere”. Una certezza: “Se oggi siamo liberi dobbiamo ringraziare il sacrificio di persone come loro, che hanno dato la vita. E’ bello essere liberi oggi ma la libertà è costata cara”
Redazione Irpinia
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