Laura Perrone – “Se si deve cantare nei tempi oscuri, allora dobbiamo cantare dei tempi oscuri” , di questa citazione del poeta e drammaturgo tedesco Bertolt Brecht, la Gioventù Francescana di Avellino ne ha fatto il monito dell’evento tenutosi domenica scorsa all’Auditorium del Roseto di Avellino: un invito a dar voce alla verità, alla speranza e al dolore mediante uno strumento fortissimo, l’arte.
In un momento storico profondamente corroso da conflitti geopolitici ed economici, etnici e religiosi nonché civili e sociali, l’arte può fungere come spazio collettivo e comunitario, al contempo, di riflessione, denuncia e resistenza. Essa quindi può ritrarre “non il migliore dei mondi possibili ma il mondo in cui c’è un margine di cambiamento; spetta a noi concretizzarlo e metterlo in atto” – questa la riflessione posta in essere dalla Gioventù Francescana di Avellino.
A dimostrazione di ciò, la mostra organizzata ha come protagonisti i dipinti (riproduzioni) della quindicenne Jana, adolescente di Gaza che ha saputo convogliare il dolore in arte. Le riproduzioni delle sue opere, esposte in mostra, parlano di sogni infranti, di ombre e di speranza: una “stanzetta” perduta che diventa tela per raccontare l’adolescenza negata e la resistenza quotidiana. La Gi.Fra. è in contatto con l’artista quindicenne dall’Ottobre del 2024: infatti, nel corso dell’evento, è stato trasmesso un videomessaggio da lei dedicato ai presenti, attraverso cui ha evidenziato nuovamente le difficoltà della sua famiglia che – al pari di innumerevoli altre – sta lottando ad un genocidio, a difesa della propria legittima sopravvivenza.
A sposare la causa, anche don Vitaliano della Sala, parroco in Mercogliano, noto per il suo impegno civile e sociale: “Nel capodanno tra l’89 e il 90, quando ancora seminarista, risposi all’invito di un’associazione, la Bisnau, nel periodo in cui in Palestina era in corso la Prima Intifada e i ragazzi rispondevano con le pietre contro i militari che lanciavano proiettili; si trattò di una manifestazione non violenta, una catena umana di ventimila persone provenienti da tutto il mondo, attorno alle mura di Gerusalemme, per creare coesione, soprattutto, tra il quartiere ebraico e Gerusalemme Est, popolata dai Palestinesi. A questa manifestazione, ci risposero con lacrimogeni. Corremmo dentro Gerusalemme, deserta alla fine della manifestazione e sentimmo i militari alle spalle. Alla fine, ebbi l’espulsione da Israele.” Il racconto, volto ad evidenziare la situazione sussistente in Israele già nel 1989, continua «Attorno a questa guerra siamo riusciti a dividerci tra il “tu stai parlando ai Palestinesi ma non hai ricordato il 7 ottobre”; la politica fa anche questi guasti, ci confonde le idee, ci fa dividere su cos’è la pace, su chi è vittima e chi non lo è, su chi fa resistenza e chi è da ritenere terrorista; io le idee le ho chiare dall’89, ho chiaro che gli ebrei sono una cosa, gli israeliani un’altra e i governi un’altra ancora; ho chiaro che l’autorità palestinese è una cosa, Hamas un’altra e i cittadini palestinesi un’altra cosa ancora. Dal Covid in poi, se non prima, non ci sono più l’obiettività della scienza e la sincerità di chi governa – prosegue don Vitaliano – e cosa più preoccupante, sta saltando il concetto di diritto internazionale, dando un altro colpo alle fondamenta della democrazia d’Occidente.»
Una lettura tematica delle opere della giovane Jana è stata offerta da Luciano De Venezia, progettista culturale, responsabile di programmi educativi: “Da sempre – ha ricordato De Venezia – poeti, pittori e artisti hanno veicolato messaggi di denuncia e disappunto verso i conflitti bellici. Pensiamo a Picasso con “Guernica” come denuncia universale della violenza, allo street artist Banksy con la “Colomba corazzata” in cui l’emblema della pace indossa un giubbotto antiproiettile e ha un mirino puntato sul cuore, segno del fallimento delle trattative di pace.”
L’incontro ha messo in luce quanto l’arte sia collettore di sensibilità, ponte tra popoli, declinandosi in voci che rompono il silenzio, in gesti che resistono alla violenza.
A fronte della grande partecipazione alla mostra, la Gi.Fra. ha annunciato un secondo appuntamento domenica 26 Ottobre alle ore 12:00.

