La storia si ripete, gli errori del passato pure e la musica, da qualche stagione a questa parte, è purtroppo sempre la stessa. Prima giornata, prima sconfitta. Era successo lo scorso anno a Treviso quando a stendere i lupi fu un discusso rigore di Pià, è risuccesso ieri quando a dare il primo dispiacere della stagione al team irpino è stato invece Tavano. Sconfitte simili, senza demeritare più di tanto e che proprio per questo lasciano l’amaro in bocca ai tifosi e agli stessi calciatori che, specialmente dopo la rete del pari firmata Szatmari, hanno avuto l’impressione di poter far loro l’intera posta in palio. E invece è bastata una ingenuità per dare il via libera ad un Livorno che Acori, visto l’organico che gli è stato messo a disposizione, non dovrebbe aver problemi a traghettare nella massima serie. L’Avellino ci ha messo una discreta organizzazione di gioco, ma soprattutto cuore, testa, grinta ed anche quella sfacciataggine tipica di una squadra giovane. Il tutto però, come era prevedibile, non è bastato per portare a casa un risultato utile. In campo serve anche quantità, qualità ed esperienza, cose che al momento, in alcune zone, difettano ai lupi.
E’il solito leitmotiv: peccato essere partiti in ritardo e con una squadra incompleta, perché l’intelaiatura c’è, è valida; ma se si vuol fare un campionato tranquillo l’organico va integrato perfezionato e ritoccato. Lo hanno capito tutti, soprattutto il competente pubblico del Partenio che giustamente a fine gara ha applaudito i calciatori in maglia verde.
La gente accorsa all’impianto di contrada Zoccolari ha apprezzato l’impegno profuso, ha capito che gli uomini di Incocciati ce l’hanno messa tutta e che di più non potevano fare. Non solo… gli oltre 5mila spettatori (4081 paganti e 959 abbonati) con quel gesto finale e con i loro incessanti cori di incitamento durante i novanta minuti di gioco, hanno mandato un chiaro messaggio alla squadra: “se continuerete a lottare con questo ardore noi saremo sempre al vostro fianco!”.
Messaggi di tono completamente diversi invece quelli rivolti alla società, anche ieri accusata di scarso attaccamento, di improvvisazione e di “non voler cacciare quei denari” che occorrono per puntellare adeguatamente una squadra che altrimenti dovrà faticare tantissimo per preservare una categoria che mai come quest’anno gli è stata regalata. Ironia della sorte, anche se le avvisaglie della solita contestazione alla società si erano avute già fuori dello stadio, dove gli ultras avevano esposto un eloquente striscione (“Abbiamo tante ragioni per averne pieni i c……i!”), i cori contro il patron e il solito striscione “Pugliese vattene” hanno fatto bella mostra di sé al 71esimo. Casualità o volontà? Crediamo casualità, ma sembra che quasi involontariamente anche il fato abbia voluto rimarcare quel numero e il suo significato, che da anni viene ormai associato alla persona dell’ex Casillo e che nell’immaginario della parte più focosa della tifoseria biancoverde, sembra ora destinato a campeggiare sulle spalle del pur volenteroso amministratore biancoverde, a cui, comunque va detto, la stragrande maggioranza degli appassionati irpini, riconosce il merito di non aver fatto fallire la gloriosa Us Avellino 1912.
Un merito però oscurato dai tanti altri demeriti che la piazza gli addebita, ma che crediamo possano essere azzerati se solo il patron afferrerà il significato finale degli applausi alla squadra: “Nonostante tutto Noi anche quest’anno ci siamo, e tu? Farai la tua parte fino in fondo? Guarda, che come al solito anche in questa stagione basta poco per salvarsi…”. Ancora poche ore di attesa e poi lo sapremo. (di Nicola Iannaccone)
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