AVELLINO- “Quello che è accaduto ad Antonio Ammaturo deve farci riflettere sul fatto che non è mai troppo tardi per aprire gli occhi. Questa è la frase che mi torna in mente. Sono le ultime parole che ha pronunciato Ammaturo quel 15 luglio alle 10:45, quando ha lasciato casa. Ha detto alla moglie: è tardi. E’ tardi perché aveva l’urgenza di fare il suo dovere”. E’ uno dei passaggi che il Procuratore della Repubblica di Avellino Domenico Airoma ha dedicato nel suo intervento alla commemorazione organizzata dalla Questura di Avellino di Antonio Ammaturo, il capo della Squadra Mobile di Napoli ucciso il 16 luglio 1982 in Piazza Nicola Amora a Napoli questa mattina al Polo Giovani. Un tributo ad Ammaturo e un dovere alla memoria di suo padre, anche lui in Polizia, che Airoma ha raccontato: “quel giorno ho visto emozionato come non era mai capitato”. Una strada che si incrocia di nuovo, quella del dirigente della Mobile e del magistrato, visto che Airoma ha raccontato che ha pensato ad Ammaturo ha dedicato il contributo sui personaggi di Castelcapuano, il Palazzo di Giustizia dove lo stesso magistrato ha mosso i primi passi. “Ho intitolato questo mio contributo: Antonio Ammaturo, solo un poliziotto, un poliziotto solo” ha spiegato il Procuratore di Avellino “perché signori, Antonio Ammaturo è un poliziotto solo. E’ stato isolato. Questa è la verità, se vogliamo parlare di verità. Ha subito questo isolamento e questo me lo fa sentire molto familiare. Perché spesso si parla della solitudine del magistrato. Il magistrato deve coltivare la solitudine, é una sua condizione esistenziale. Un conto è la solitudine altra è l’isolamento. L’isolamento è un fattore molto pericoloso. E’ sintomo del fatto che un intero corpo sociale e politico in realtà non ha compreso il senso di quel sacrificio. E qui veniamo al valore della memoria. Se noi vogliamo rendere il giusto contributo ad Antonio Ammaturo non ne dobbiamo fare un santino, ma dobbiamo comprendere il senso del suo sacrificio. Il senso del suo sacrificio è quello di aver ricercato la verità anche quando tutti gli altri non volevano vederla. Tutti, dico tutti, compreso il corpo sociale. I giornali dell’epoca si interrogava su topless si o topless no. Molti continuavano a vomitare veleno sulla Polizia a proposito del rapimento Dotzier. Ricordare Antonio Ammaturo serve anche a censurare quella intelligentia che non fa altro che vomitare veleno contro chi indossa una divisa, che difende la libertà e la sicurezza di ciascuno di noi”. La verità ad ogni costo. “Quando Antonio Ammaturo scopre ad ogni costo la verità e arresta Alfredo Maisto, non viene premiato, viene mandato in Calabria. Questo da il senso di cosa significhi ad ogni costo. Perché altrimenti si tratta solo di oleografia e retorica”.
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