FOTO / “I camorristi se ne devono andare fuori dai piedi, tocca a tutti noi insorgere”: Don Ciotti sprona la Valle Caudina

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Gli applausi, fragorosi e sentiti, sono tutti per lui: il gigante dell’antimafia. E lui non delude, soprattutto con una frase chiara e diretta pronunciata dal palco: “I camorristi se ne devono andare fuori dai piedi, tocca a tutti noi insorgere”.

Don Luigi Ciotti arriva, in un freddo pomeriggio di marzo, puntuale all’appuntamento con i giovani della Valle Caudina, in una San Martino praticamente “blindata” dalle forze dell’ordine. Lo Stato c’è, lo ha dimostrato anche dopo il ferimento del boss Fiore Clemente a San Martino stessa e l’assassinio di Nicola Zeppetelli a Cervinara, arrestando in tempi record i presunti responsabili.

E c’è la reazione dei cittadini: le testimonianze di alcuni di loro, sono state molto utili a rintracciare chi ha sparato in quei giorni. Testimonanze utili, ma anche una risposta di massa, prima con la grande marcia silenziosa del 28 febbraio scorso a Cervinara, ed oggi, riempendo la sala Unicef di San Martino.

Tanti, tantissimi i giovani presenti. In prima fila il Prefetto Paola Spena, il Questore Maurizio Terrazzi, il comandante provinciale dei carabinieri, Luigi Bramati, quello della Guardia di Finanza, Salvatore Minale. E poi, il sindaco di San Martino, Pasquale Pisano, quello di Cervinara, Caterina Lengua, ed il consigliere regionale Vincenzo Ciampi. E l’assessore regionale alla Sicurezza, Mario Morcone.

Le parole di Don Luigi Ciotti segnano, e non poco. La sua è una testimonanza importante in questo percorso di riaffermazione della legalità in Valle Caudina, inutile girarci intorno.

Lui, il problema, lo conosce molto bene: “Oggi la Valle Caudina – dice – è un contesto dove in questo momento ci sono ferite profonde, ansia, sofferenza, paura. Da una parte, infatti, c’è il gioco criminale, la violenza non solo dello sparare, del minacciare, ma anche culturale, per intimorire”.

Ma c’è anche il seme della speranza. “Dall’altra parte, c’è bisogno di una risposta che deve crescere, una risposta di cittadini più attenti, più responsabili, perché il cambiamento che auspichiamo ha bisogno del contributo di ciascuno di noi, c’è un lavoro della magistratura e delle forze di polizia che va riconosciuto e sostenuto, ma se non c’è un’insurrezione da parte dei cittadini, non se ne uscirà mai fuori”.

“La risposta che dobbiamo dare è una risposta culturale ed educativa, ha bisogno di politiche sociali e del lavoro, si devono unire tutte le forze oneste per diventare un’unica forza, dobbiamo avere coraggio per dare più coraggio a tutti, perché la violenza criminale cerca di infondere paura, di dividere e noi dobbiamo unire di più le nostre forze, questo ci ha insegnato la storia di questi ultimi anni del nostro Paese”.

Per il fondatore di Libera, “i giovani sono i grandi protagonisti, perché i ragazzi quando trovano i punti di riferimento veri, coerenti, credibili, ci sono, ci sono sempre. Una società che non investe sui giovani è una società che non investe sul proprio futuro e sul proprio avvenire. Lotta alla criminalità, alla mafia, vuol dire scuola, cultura, lavoro, politiche sociali”.

Ma, ed è ovvio, anche le istituzioni sono un tassello fondamentale. Don Ciotti ripropone una frase celebre. “Le istituzioni sono sacre diceva Falcone. Anche io difendo la loro sacralità, proviamo a distinguere tra il valore delle istituzioni e chi le governa. Ci sono delle realtà, delle persone, che le portano avanti con passione le istituzioni, al servizio del bene comune. Poi c’è chi è distante dai problemi reali della gente. Se la politica si allontana dalla vita concreta delle persone, non è politica, è un’altra cosa. Però vogliamo non dimenticare quelle brave persone, uomini e donne, nelle istituzioni che ogni giorno si impegnano, che fanno la loro parte. Ma anche noi come cittadini siamo chiamati a fare di più la nostra parte”.

In sala, davanti ai giovani, Don Luigi parla per quasi trenta minuti, rispondendo anche alle loro domande. Ricorda la nascita di “Libera”, quel caffè mai preso con Giovanni Falcone. Ed è chiaro, poi, su di un punto: “Le mafie oggi più che mai sono più presenti e forti in Italia. Tutti i dati ci dicono che, nonostante l’impegno di tantissimi, la situazione è peggiorata”.

E sottolinea: “La presenza criminale non è più forte al Sud Italia ma al Nord del nostro Paese. La mafia lì è più sottotraccia, ma i mafiosi fanno i loro affari. Dobbiamo essere cittadini non ad intermittenza a seconda delle emozioni, ma cittadini responsabili sempre. Dobbiamo sentire questa responsabilità: il cambiamento che noi desideriamo, ha bisogno di ciascuno di noi, dobbiamo essere noi parte di cambiamenti veri, non di adattamenti”.

“Oggi – aggiunge Don Ciotti – i cambiamenti veri hanno bisogno del contrasto alla corruzione, all’illegalità, alle mafie. Abbiamo bisogno dei cittadini, di questo c’è bisogno, abbiamo bisgono di una società consapevole e responsabile. Il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi. La delega è una malattia terribile, è una sorta di indifferenza e rassegnazione, siamo qui perché vogliamo che le cose cambino, ed è possibile, uniamo le nostre forze, la nostra creatività”.

“La società – conclude – ha bisogno di giovani intelligenti, appassionati, impegnati. Ci sono troppi professionisti della lamentela, i quali dicono che tocca agli altri fare le cose. Dobbiamo essere noi appassionati per il nostro territorio, per la legalità, costi quel che costi. Lo so, non è sempre facile, ma deve essere così. Questi, i camorristi, se ne devono andare fuori dai piedi, tocca a noi insorgere”.