Dolce Vita, la revoca delle interdittive: mancanza di esigenze cautelari

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AVELLINO- I giudici dell’Ottava Sezione (collegio F) del Tribunale di Napoli, che lo scorso 25 novembre hanno annullato la misura interdittiva del divieto a contrarre con la pubblica amministrazione nei confronti di due dei tre imprenditori coinvolti nella seconda misura cautelare dell’inchiesta Dolce Vita (la misura notificata a luglio) hanno valutato solo il “difetto delle esigenze cautelari” per la loro decisione. Nessuna valutazione sulla gravità indiziaria, come e’ emerso dal deposito delle motivazioni relative all’imprenditore Eugenio Pancione, difeso dall’ avvocato Valeria Verrusio. raggiunto come gli altri due imprenditori dalla misura interdittiva. Per l’imprenditore il giudice relatore ha sottolineato che la fase del procedimento consente di valutare solo il profilo delle esigenze. Sul punto ha fatto rilevare il Tribunale della Libertà come: “la carenza di attualità delle esigenze cautelari è stata affermata dalla Corte di Cassazione nei confronti del protagonista rincipale delle vicende investigate, Gianluca Festa, chiamato a rspondere in concorso con Eugenio Pancione del reato ascritto al capo D”. Per cui un effetto della pronuncia dello scorso 18 settembre per l’ ex sindaco di Avellino anche sulla posizione degli imprenditori.

“La S.C. (Suprema Corte di Cassazione.ndr) , adita dal Festa con ricorso presentato per saltum avverso il provvedimento cautelare emesso dal GIP 1’8.7.2024 (oggetto anche della presente impugnazione), Io ha annullato per difetto di attualità delle esigenze cautelari.
Tale decisone, assunta nei confronti del soggetto protagonista degli illciti accertati, chiamato a rispondere di ulteriori imputazioni, oltre quella ascritta in concorso con Pancione, non può che riverberarsi nei confronti dei coindagati, condizionando ogni decisione nei loro confronti”. Per cui vale il giudizio espresso dagli ermellini: “Invero, il cambio di amministrazione derivante dalle dimissioni del Festa dalla carica di Sindaco, è stato giudicato idoneo a modificare la situazione di fatto che fonda il rischio di recidivanza. Di tale argomento il Collegio deve prendere atto, con conseguente annullamento dell’ordinanza emessa anche a carico del ricorrente.La misura interdittiva deve essere quindi caducata”.