SERINO- Nessuna prova che l’allevamento di bovini nelle aree del Comune di Serino affidati tra il 2020 e il 2021 avesse comportato una deturpazione e un’alterazione delle bellezze naturali nell’area protetta dei Parco dei Picentini.
Depositate le motivazioni della sentenza per venticinque allevatori di bovini, tutti difesi dall’avvocato Carmine Pascarosa e il dirigente del SUAP del Comune di Serino, difeso dall’avvocato Altea Capriglione, che erano stati assolti dall’accusa di “distruzione o deturpamento di bellezze naturali” e “distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto” dal giudice monocratico del Tribunale di Avellino al termine del processo celebrato con il rito abbreviato condizionato ad inizio luglio. I primi, gli allevatori, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, il dirigente Suap del Comune di Serino “perché il fatto non sussiste”. Gli avvocati Pascarosa e Capriglione avevano chiesto per i propri assistiti la definizione del procedimento con il rito abbreviato, condizionato alla acquisizione di alcuni documenti. A partire dai bollettini di pagamento, dal quale si evinceva il numero dei bovini per i quali era stata richiesta l’autorizzazione al pascolo; atti di proprietà dei terreni sui quali pascolavano gli animali dei loro assistiti; i contratti di fitto di alcuni terreni e i bollettini di pagamento del fieno acquistato per i bovini. Infatti le accuse ai venti allevatori e al dirigente del Suap che aveva firmato per l’assegnazione della fida pascolo per gli anni 2020 e 2021 e le singole autorizzazioni agli allevatori, erano quelle di aver alterato le bellezze naturali dei luoghi, soggetti e dell’Autorità, con il pascolo di bovini e ovini effettuato nei boschi di proprietà del Comune di Serino, in una zona rientrante nel perimetro del Parco Regionale dei Monti Picentini – territori ricoperti da boschi, su superficie un carico di bestiame superiore a quanto stabilito nel P.A.F. (Piano di Assestamento Forestale). Secondo le indagini dei Carabinieri gli allevatori presentando domande per la concessione della fida pascolo, prive sia del numero dei capi di bestiame che della data di immissione, al pascolo, conducendo al pascolo il bestiame, ed emettendo relative autorizzazioni per i singoli allevatori richiesti senza indicazione del numero di capi UBA (unità bovini adulti) che ogni singolo allevatore avrebbe potuto condurre al pascolo avrebbero un marcato impoverimento del sottobosco/soprassuolo boscato di proprietà del Comune di Serino, danneggiandolo per effetto dell’elevato carico di bestiame
destinato, la cui costante azione di ricerca di cibo comportava la non riproduzione dei polloni, garanzia di rinnovamento e crescita delle specie arboree e arbustive costituenti il bosco e sottobosco”. Per il giudice Si precisava inoltre che dato il rapporto capi presenti/superfice pascolabile, il fabbisogno nutrizionale risulta insufficiente, per preservare l’area di riserva naturale bisognava in primo luogo vietare il pascolo nei boschi soggetti rinfoltimento e riforestazione integrare l’alimentazione degli animali con apporti di fieno e altri alimenti zootecnici da parte degli allevatori. Orbene. la difesa produceva anche fatture di pagamento relative all’acquisito di fieno per l’alimentazione degli animali da pascolo ad ogni buon conto, questo giudicante ritiene che gli agenti operanti, i quali giungevano alla conclusione che le autorizzazioni in questione non indicavano il numero massimo di capi secondo l’indice U.B.A., sia smentita dalla documentazione acquisita agli atti del fascicolo della Procura che contenevano le varie istanze già inizialmente corredate o integrate successivamente con la precisazione del numero e tipologia di animali Tra l’altro tale indice U.B.A., varia a seconda che si tratti di bovini adulti ovvero oltre i due anni, inferiore ai due anni e varia ancora se si tratti di ovini. La tabella XVII, usi civici, faceva riferimento all’anno 2010, quindi si deve presumere che questa problematica relativa al rapporto risorse boschive disponibili numero di animali e rimboschimento che causava l’alterazione delle bellezze naturali dei luoghi soggetti a speciale protezione in quanto interessava un sito di importanza Comunitaria qual è quello dei Monti Picentini, era una situazione che perdurava nel tempo. Di conseguenza era impossibile valutare quale fosse stato l’impatto ambientale delle condotte poste in essere dagli odierni imputati e soprattutto la coscienza e volontà la mera negligenza degli stessi nell’integrare la condotta penalmente rilevante.Il reato di distruzione o deturpamento delle bellezze naturali di cui all’art. 734 c.p.,considerata la
natura di reato di danno, si configura soltanto in presenza di sua un’effettiva compromissione delle bellezze protette, il cui accertamento è rimesso alla concreta valutazione del giudice penale. Corte di Cassazione, Sez. II_ 15 dicembre 2020 (dep. 27 aprile 2021), n. 15670″.
Per quanto riguarda la posizione del dirigente comunale, invece: “A parere del giudicante alcuna penale responsabilità è ascrivibile al Petti Antonio, il quale ha positivamente valutato le richieste di autorizzazione al pascolo, debitamente corredate dall’indicazione dei capi di bestiame, della provenienza degli stessi, delle aree interessate al pascolo per ciascun allevatore e del pagamento dei bollettini dovute all’Ente Comunale per la concessione del fido pascolo, Ritenere il Petti responsabile in ordine ai reati contestatigli , ovvero di deturpamento o alterazione di un sito protetto o di alterazione delle bellezze naturali, comporterebbe andare oltre il principio di offensività, attribuendo all’imputato, in concorso con gli altri imputati, di un reato di danno effettivo che non solo non è emerso dal fascicolo delle indagini, ma tantomeno è emerso dalla condotta dello stesso, che in qualità di “verificatore” degli elementi necessari, previsti dalla delibera comunale del 13.02.2015, circa la somma da corrispondere da parte degli allevatori degli altri requisiti, debitamente verificati, rilasciava le relative autorizzazioni”.