De Mita: “Io… tra i maggiori riferimenti della storia democratica”

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Salerno – “In Italia è stata ipotizzata la ristrutturazione della politica, che è una cosa giusta, ma a patto che ci fossimo misurati ciascuno con la propria storia; questo non è accaduto, perché l’attuale classe dirigente non è la proiezione della storia, ma il risultato di una posizione dialettica sulla quale essa ha lucrato e, quindi, io che sono uno dei maggiori riferimenti della storia democratica intendo interpretare la vera novità di questa campagna elettorale: il recupero della grande tradizione popolare dei cattolici democratici”. L’onorevole Ciriaco De Mita, candidato capolista al Senato per l’Unione di Centro, ha spiegato così il suo rinnovato impegno elettorale dopo la rottura con il Partito democratico. L’ex capo del governo, questa mattina è stato invitato a concludere una lezione sulla “politica, tra passato e futuro”, organizzata dall’Associazione universitaria popolare “don Luigi Sturzo” che si è svolta presso l’aula delle lauree intitolata a Nicola Cilento dell’Università di Salerno. Il primo riferimento di Ciriaco De Mita è stato rivolto al bipolarismo, che è servito solo per indicare i problemi, senza che questi fossero accompagnati dalla proposta di loro risoluzione e “siamo andati avanti teorizzando che quel sistema avrebbe garantito stabilità e governabilità – ha affermato De Mita – invece dobbiamo registrare che i governi di coalizione della prima repubblica duravano di più e risolvevano i problemi, perché quelle coalizioni, fondate sul rispetto delle singole storie, lavoravano per trovare, al momento delle scelte, la soluzione migliore ai problemi del Paese, mentre oggi la coalizione ha assunto il significato di unificazione e privilegia la personalizzazione della politica”. Poiché la politica non rappresenta più la strada per risolvere le questioni e non riesce ad intercettare gli umori e le esigenze delle persone, l’opinione pubblica vive le vicende pubbliche con distrazione e distacco. La politica – ha continuato – non è registrazione degli eventi oppure gestione aziendale del paese, ma la capacità di interpretare i bisogni delle persone e dare una speranza alla popolazione. “La politica è il governo intelligente degli eventi – ha osservato De Mita, riferendo l’affermazione di Aldo Moro – e la tendenza verso l’antipolitica non è contro il sistema, ma rappresenta la domanda di politica, alla quale si pensava di poter rispondere con le primarie del Pd, che si sono trasformate in una investitura piuttosto che in una domanda di partecipazione”. Il candidato al Senato ha aggiunto che la questione della candidatura non si è mai posta: “Ogni età ha svantaggi e vantaggi – ha osservato – occorrerebbe una base culturale di conoscenza storica sufficiente per leggere gli eventi e programmare il futuro, ma sentiamo di candidati in liste di giovani innocenti che in tv confessano di non sapere nulla della politica perché il padre non ha raccontato loro nulla del passato. Devo mandare a Veltroni – se lo sa leggere avendo fatto studi non classici – il De Senectude di Cicerone affinché comprenda che la vita è fatta di momenti e di stagioni”. De Mita ha, infine, ribadito che l’azione politica è direttamente collegata con la conoscenza dei problemi e non può, quindi, prescindere dal radicamento nei territori. La relazione tra ricerca universitaria e crescita del paese è stata al centro dell’intervento del professore Raimondo Pasquino, rettore dell’università salernitana, che ha lamentato la mancanza di interesse nei confronti della istituzione universitaria, per la quale si attendeva l’aumento dei fondi disponibili tale da mettere le università italiane al pari di quelle europee. “Attualmente per le nostre ricerche lo stato mette a disposizione fondi che raggiungono lo 0,7 per cento rispetto al prodotto interno lordo, ma avremmo voluto ascoltare dai due maggiori candidati premier che nell’arco di cinque anni si sarebbe passato all’1,2 per cento, ma questo non è avvenuto ha affermato Pasquino – e noi non possiamo procedere all’inserimento di giovani ricercatori”.

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