CESINALI- “Il problema sono i modelli. Evidentemente questi ragazzi che hanno aggredito hanno dei modelli sbagliati. Quindi la domanda è: che tipo di modelli noi diamo a questi giovani? Non me la sento di prendermela con i più giovani. Credo che il problema siamo noi fondamentalmente. Una comunità incapace di trasmettere principi, valori, che pensa ad altro, che si debbano percorrere altre strade. Questo e’ il risultato. Noi raccogliamo quello che seminiamo, nel bene e nel male. Poi i frutti si vedono, questo è un frutto perverso”. Questa l’impressione consegnata alla stampa dal Procuratore Domenico Airoma prima di salire sul palco del Teatro d’Europa di Cesinali, dove ha partecipato ad un confronto moderato da Adriano Maffeo con Don Patriciello su ‘Fede e Giustizia”. Non una tappa casuale. Visto che proprio qualche settimana fa la comunità irpina è stata sconvolta da una brutale aggressione che ha visto protagonisti giovanissimi. Sia la vittima che i carnefici. La sala del Teatro è piena. E tributa un lungo applauso quando arrivano i genitori del ragazzo brutalmente picchiato e abbandonato in una zona di periferia del comune dell’hinterland avellinese. E il Procuratore Airoma lo sottolinea quanto sia importante reagire, ma non solo dopo fatti gravi come quello che e’ avvenuto: “Importante che la comunità reagisca. Pero’ purtroppo occorrono questi fatti per reagire. Dobbiamo renderci conto che la nostra è una società malata, per cui e’ necessario avviare un percorso di terapia per cercare di guarire”. In sale c’erano tutti i sindaci della zona, il prefetto di Avellino Rossana Riflesso, il comandante provinciale dei Carabinieri, il colonnello Domenico Albanese, il dirigente delle Volanti della Questura di Avellino Galdo, il comandante della Compagnia dei Carabinieri di Solofra, il capitano Ferrentino. Dopo l’intervento del sindaco di Cesinali Dario Fiore, che ha rappresentato le ragioni dell’evento e la scelta con don Vittorio di organizzare la manifestazione, il dibattito e’ entrato nel vivo. E il Procuratore Airoma ha nuovamente evidenziato come la devianza giovanile sia da tempo un cruccio: “Da qualche tempo che soprattutto la devianza giovanile è motivo per me di sofferenza e riflessione aspra- ha spiegato il capo dei pm avellinesi- Perche’ quello che mi colpisce e che c’e’ una delinquenza senza movente, senza causale. Questo mette in crisi ogni schema investigativo, qui c’è un esperto investigatore il colonnello Albanese (riferendosi al comandante provinciale dei Carabinieri in sala). Ci hanno insegnato che LA SOCIETA’ E’ UN MALATO CHE NON AMMETTE DI ESSERLO: UNA FEBBRE DEL CORPO SOCIALE
E il Procuratore Airoma ha nuovamente evidenziato come la devianza giovanile sia da tempo un cruccio: “Da qualche tempo che soprattutto la devianza giovanile è motivo per me di sofferenza e riflessione aspra- ha spiegato il capo dei pm avellinesi- Perche’ quello che mi colpisce e che c’e’ una delinquenza senza movente, senza causale. Questo mette in crisi ogni schema investigativo, qui c’è un esperto investigatore il colonnello Albanese (riferendosi al comandante provinciale dei Carabinieri in sala). Ci hanno insegnato che per ricostruire un delitto e soprattutto capirne la profilazione criminale è essenziale la causale il movente- ha spiegato Airoma- E come si fa? Come si fa quando si delinque senza un movente, senza una cosa senza un perché? Quando si commette un atto di violenza per il puro gusto di commettere un atto violento? Ed è terribile questo: perché ci interroga tutti. Non vorrei essere retorico, perché stasera non ci serve la retorica. Perdonatemi se forse faccio un po’ da termometro. Perche’ il termometro ha un ruolo ingrato. Perche’ misura la febbre e spesso se la si prende col termometro. Ma il problema è la febbre, non il termometro e quando accadono questi fatti come sono accaduti qui, ma anche altrove, sono in realtà l’evidenza di una febbre, di una febbre del corpo sociale, siamo ammalati e non ce ne rendiamo conto. Ecco, la peggiore condizione del malato e’ quella del malato che non sa di essere tale. La peggiore condizione perché non vuole anche curarsi non avvia neanche una terapia, perché perché pensa di essere sano. Allora signori, che siamo malati se accadono questi fatti e forse è a volte come anche scritto e così da Maurizio a volte occorre che avvengano cose scandalose per renderci conto della condizione in cui ci troviamo. A volte serve, perché ci mettono dinanzi ai nostri occhi, in maniera impietosa la nostra condizione. Cosa che ci costringea guardarci allo specchio”.
SENZA SETE DI GIUSTIZIA SIAMO COME LE BESTIE, GUAI A QUEL POPOLO CHE NON HA SETE DI GIUSTIZIA
C’e’ una seconda parte del discorso del magistrato in cui Airoma spiega: “vorrei provare ad andare con voi un pochino più in profondità. Perché non si ha più fiducia nella giustizia? Certamente c’è una componente che riguarda gli uomini. Ecco quindi mi assumo la mia parte di responsabilità. Temo ci sia qualcosa di molto più profondo in realtà, penso che noi
a furia di dire che non esiste più bene o male, di essere imbevuti di questa mentalità relativistica, noi in fin dei conti non crediamo più nel giusto, pensiamo che non esista più un giusto, qualcosa che è giusto in maniera indiscutibile. E allora questa mentalità, questo convincimento poi traspare, diventa mentalità, diventa costume, attitudine di vita e viene in qualche modo anche recepito dai più giovani. Perché dovrebbero avere fiducia giustizia, se noi stessi forse pensiamo che non esista più un giusto, che c’è qualcosa che è giusto, che lo e’ oggettivamente, che e’ intrinsecamente giusto. Ecco noi forse abbiamo pensato di costruire una società aperta e libera sbarazzandoci di questi arnesi del passato, il bene e male”. Airoma ha voluto raccontare una vicenda di cui e’ stato direttamente testimone nel corso di uno dei seminari della Scuola di Magistratura a Scandicci, dove spesso cura delle relazioni, in questo caso sulla deontologia dei giovani magistrati: ” prima di me ha parlato per quasi tre quarti d’ora un docente universitario che ha impiegato tutto il suo tempo per demolire il concetto di bene, dicendo che in realtà si deve smettere con questi riferimenti e che vengono da un quadro assiologico dogmatico del passato e bisogna aprirsi all’etica della situazione, cioè di volta in volta la situazione che dice cose e’ bene e cose e’ male. Quando ho preso la parola don Maurizio, scalpitavo da un po’ devo dire, ho detto: non sono un professore. Ci mancherebbe, quindi non vi farò tutti i riferimenti, posso soltanto dire che sono quasi 40 anni che faccio questo lavoro e vi pongo questa domanda: secondo voi violentare una bambina è una cosa brutta o buona a seconda della situazione?Ovviamente tutti hanno risposto e indiscutibilmente è sempre una cosa cattiva. Però questo cosa significa? che il Signore e signori significa che noi davvero portiamo il nostro cuore questo senso di giustizia e nessuno mi ha detto certo può essere in qualche modo conculcato offuscato, ma poi emerge riemerge ci sta una cosa che mi ha sempre attirato per un inizio quando nelle Beatitudini c’è il Beato chi ha fame e sete di giustizia ci sono sempre chiesto, come si fa ad avere fame. Di giustizia. Cioè questo è meglio questa casa mangio, cioè come sembra quasi no, eppure riflettendoci in realtà, secondo me è profondamente vero. Nel senso che noi abbiamo bisogno come il pane della giustizia, perché e’ qualcosa che portiamo dentro è un bisogno innato dell’uomo, senza il quale non siamo uomini ci manca qualcosa, appunto, diventiamo in qualche modo simili alle bestie, delle bestie. Bestie appunto come quelle che hanno aggredito quel ragazzo, delle bestie. Attenzione, perche’ si dice anche : beato chi ha fame, si può avere anche una vera fame e sete quindi disgraziato il popolo che addirittura non avverte neanche più la fame della Giustizia. Disgraziato davvero. E allora io credo che noi dobbiamo riacquisire questa salutare fame di giustizia”. Don Maurizio Patriciello, che a Cesinali e’ di casa anche per il suo legame con Don Vittorio, ha voluto ricordare, come già fatto anche in altre occasioni che “quante volte vi ho detto, anche quando sono venuto per la festa di San Rocco, difendete con le unghie quello che c’avete. Ma veramente non è che sto scherzando, difendete quello che avete con le unghie. Perche’ questi sono paesi sereni, dove una persona anziana magari può stare più tranquilla, ma dove i giovani si annoiano e voi sapete meglio di me che non ci sta niente di peggio della noia. Io penso che la noia sia il peggiore nemico della nostra cara gioventù, come la chiamava San Giovanni Bosco”.
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