Clan Sangermano, racket mozzarelle e intestazioni fittizie: tre condanne e tre rinvii a giudizio

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Simona Rossi, pm Antimafia Napoli
Simona Rossi, pm Antimafia Napoli

MONTEFORTE IRPINO- Due condanne con rito abbreviato , un patteggiamento e tre rinvii a giudizio davanti al Tribunale di Nola il prossimo 18 settembre. La decisione del Gup del Tribunale di Napoli Michela Sapio nei confronti dei sei imputati dell’inchiesta stralcio sul clan Sangermano, per cui nei mesi scorsi la Procura Distrettuale Antimafia di Napoli aveva chiesto il rinvio a giudizio. A processo per la vicenda della tentata estorsione al ristorante “Pagliarone” anche Angelo Grasso, difeso dal penalista Gaetano Aufiero. La richiesta firmata dai pm antimafia Sergio Raimondi (che ha condotto anche l’istruttoria al gotha del gruppo, condannato in sede di abbreviato) e dalla pm Simona Rossi, e’ stata discussa davanti al Gup del Tribunale di Napoli Michaela Sapio. Si tratta di uno stralcio dell’inchiesta dei pm antimafia nei confronti del gruppo guidato da Agostino Sangermano, balzato agli onori della cronaca in occasione di un “inchino mafioso” della statua in processione a Livardi nei suoi confronti. Un’organizzazione che aveva, secondo le accuse dell’Antimafia e le indagini dei Carabinieri di Castello di Cisterna e della Dia, allungato anche alla provincia di Avellino i suoi tentacoli.

L’IMPOSIZIONE DELLA FORNITURA DI MOZZARELLA
Due dei capi di imputazione per cui l’Antimafia ha chiesto ed ottenuto il processo nei confronti dei sei imputati riguardano proprio l’imposizione di una fornitura di mozzarelle di un caseificio della zona nolana, per cui era interessato il cognato del boss Sangermano, Salvatore Sepe, già condannato in sede di abbreviato e in secondo grado. Uno dei due episodi riguarda la tentata estorsione al locale “Il Pagliarone” di Monteforte Irpino, che sarebbe avvenuta nel giugno 2017. Per questo episodio è stato raggiunto dalla richiesta di rinvio a giudizio Angelo Grasso, che come era già emerso dalle indagini, aveva chiesto al fidanzato di uno dei soci all’epoca dei fatti del locale, di provare due o tre chili di mozzarella che erano forniti dal Sepe. Cosa che era avvenuta ma successivamente proprio a causa della scarsa qualità del prodotto non si era mai concretizzata. Per lo stesso reato, consumato nel luglio dello stesso anno ai danni di un supermercato di Nola, e’ stato condannato a quattro anni di reclusione Albi Vincenzo, difeso dall’avvocato Umberto Nappi. Nei suoi confronti il Gup ha ecsluso l’aggravante del comma terzo del reato contestato (violenza o minaccia con armi). Per Della Ratta Salvatore, difeso dall’avvocato Saverio Campana, e’ arrivato il rinvio a giudizio. Entrambi rispondevano della imposizione di mozzarelle ad un supermercato del nolano. Le altre vicende contestate nella richiesta di rinvio a giudizio riguardano i reati di intestazione fittizia e detenzione illegale di armi, contestata per un episodio anche alla stessa moglie del boss Agostino Sangermano, difesa dall’avvocato Raffaele Bizzarro (che ha patteggiato una condanna a nove mesi) che nel giugno del 2016 avrebbe detenuto nella sua borsa un’arma di calibro imprecisato, una condanna ad un anno e quattro mesi per un’altra imputata, difesa dall’avvocato Francesco Picca del foro di Nola, per intestazione fittizia.