Clan Sangermano, la Cassazione: intercettazioni, collaboratori e “inchino mafioso” per ricostruire la gerarchia

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NOLA- VALLO LAURO- Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, le intercettazioni dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e la vicenda balzata agli onori della cronaca nazionale legata all’inchino “mafioso” della statua della Madonna in processione davanti casa del presunto boss Agostino Sangermano:

i magistrati dalla I Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso presentato contro la decisione del Riesame di Napoli da parte degli avvocati dei due fratelli accusati di guidare il gruppo criminale, i penalisti Raffaele Bizzarro, Gennaro Pecoraro, Nicola Quatrano, decisione che ha portato la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli a chiedere nei loro confronti un giudizio immediato davanti al Tribunale di Nola.

Si legge in uno dei passaggi delle motivazioni del rigetto deciso dalla Corte: “Il Tribunale, pur con la sintesi consentita dalla genericità delle deduzioni difensive, ha evidenziato come la partecipazione e il ruolo apicale rivestito da Agostino Sangermano all’interno dell’omonimo clan emergessero dal contributo offerto dai collaboratori di giustizia (Aniello Acunzo, Ciro e Marcello Di Domenico), la cui attendibilità è stata oggetto di specifico vaglio da parte del Giudice della cautela, del ricco compendio intercettativo, telefonico e ambientale (dimostrativo dell’intensa attività criminale del sodalizio e, al suo interno, della posizione egemone rivestita dall’indagato e da tutti riconosciuta).

Dalle immagini tratte dagli impianti di videosorveglianza, dalle dichiarazioni delle persone offese dei delitti di estorsione e usura, nonché dal racconto di Don Russo (il sacerdote di San Paolo Belsito), che ha diffusamente riferito sulle azioni vessatorie poste in essere da Agostino Sangermano sulle attività della parrocchia, come confermato anche da….. destinatario di minacce di morte da parte dell’indagato”. E poi c’,e’ la vicenda dell’inchino della statua durante la processione: “E a dimostrazione del riconoscimento sociale accordato alle figure apicali dell’ organizzazione, le ordinanze di merito hanno anche ricordato l’episodio del cosiddetto inchino mafioso, rispetto al quale, anche grazie alle menzionate dichiarazioni del religioso, le stesse hanno posto in luce il profondo significato simbolico, non revocato in dubbio dalle all’allegazioni difensive, in un tentativo di isolare i singoli elementi della provvista iniziale, al fine di depotenziarne , fino ad eliderla del tutto la capacità dimostrativa”. I magistrati hanno affrontato anche il ruolo del fratello del presunto boss, ovvero Nicola Sangermano:

“Quanto, poi, alle questioni relative al ruolo apicale svolto da Nicola Sangermano, esso è stato ricostruito, in maniera niente affatto illogica, a partire dal racconto dei collaboratori, che hanno sottolineato la conduzione familiare del clan; dalle captazioni in cui gli uomini del sodalizio evidenziavano il rapporto di cointeressenza tra i due fratelli, che si spartivano i proventi della società edile, la quale costituiva lo strumento per conseguire significativi guadagni, grazie alla posizione dominante acquisita sul mercato proprio in virtù della capacità di pressione di intimidazione esercitata, nel contesto del territorio di riferimento; dallo stretto rapporto tra Nicola Sangermano e Clemente Muto, commercialista a disposizione del sodalizio e dal già ricordato episodio dell’inchino mafioso, indicativo del riconoscimento, nella realta’ sociale del piccolo paese di residenza, dal ruolo importante rivestito anche da Nicola Sangermano nella gerarchia criminale della famiglia camorristica”. Questo il suo ruolo, come ribadito: “Un ruolo che pertiene, seconda la non illogica motivazione offerta nei due provvedimenti di merito, in particolare alla autonoma organizzazione di uno specifico settore delle attività del clan, costituito dalle attività economiche illecite ruotanti intorno alla Edil Sangermano”.

IL PROCESSO
La Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha chiesto ed ottenuto dal Gip del Tribunale di Napoli Fabrizio Finamore il decreto di giudizio immediato nei confronti di dieci indagati nell’ambito del blitz scattato a novembre scorso ed eseguito dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna e dalla Dia di Napoli. A firmare la richiesta di giudizio immediato i pm Antimafia Antonio D’Alessio e Simona Rossi e il Procuratore Aggiunto Sergio Ferrigno. Uno stralcio che riguarda le posizioni apicali e gli indagati per cui è arrivata la conferma della misura cautelare sia da parte del Tribunale del Riesame che in parte dalla Cassazione. L’udienza davanti al Collegio C del Tribunale di Nola si svolgerà il prossimo 14 giugno. Alcune difese hanno già avanzato richiesta di rito alternativo, nello specifico un rito abbreviato condizionato all’escussione di una serie di testimoni.

Richiesta su cui si pronuncerà a breve il magistrato stesso. Il decreto di giudizio immediato riguarda le posizioni di Agostino e Nicola Sangermano, ritenuti i vertici del clan omonimo fino all’agosto del 2021 detenuti e difesi dai penalisti Raffaele Bizzarro, Nicola Quatrano e Gennaro Pecoraro, Sangermano Michele, detenuto agli arresti domiciliari e difeso da Giuseppe Della Monica e Andrea Imperato, Buonincontri Giuseppe difeso dagli avvocati Francesco Picca e Pasquale Napolitano, Luigi Vitale, detenuto e difeso dall’avvocato Gaetano Aufiero. Sepe Onofrio, detenuto e difeso da Raffaele Bizzarro, Sepe Salvatore, detenuto e difeso da Raffaele Bizzarro e Giovanna Russo, Nappi Paolo, difeso da Raffaele Bizzarro e Marco Massimiliano Maffei, Mercogliano Ezio, detenuto e difeso da Raffaele Bizzarro e Vittorio Corcione, il commercialista agli arresti domiciliari dopo il Riesame Muto Clemente, difeso dagli avvocati Giovanni Pignatelli e Antonio Del Vecchio.