Sono ore caratterizzate da rabbia e delusione quelle che stanno vivendo i tifosi dell’Avellino – circa 300 – pronti a decollare alla volta di Bergamo per la gara di a Tim Cup con l’Atalanta in programma mercoledì alle 15. Le restrizioni varate dalla Prefettura di Bergamo sulla scorta del provvedimento firmato venerdì scorso dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, non hanno lasciato scampo a chi, munito di regolare Tessera del Tifoso rilasciata dall’Avellino, aveva organizzato il viaggio nel lontano capoluogo lombardo.
La beffa. “Si può assistere al match soltanto con la Dea Card (la Tessera sottoscritta con la società orobica, ndr)”, un comunicato lapidario che ha mandato su tutte le furie i supporters irpini, i quali ora sono sul piede di guerra per il rimborso delle spese di viaggio e, in molti di casi, di hotel già sostenute. Nessun problema, invece, per i 5 euro simbolici pagati per il biglietto acquistato la settimana scorsa e ora invalidato: l’Avellino questa mattina ha provveduto a comunicare le modalità di rimborso. Sui forum e sui social network monta la protesta per quello che tecnicamente è un divieto di trasferta, imposto tuttavia attraverso l’atipica via della differenziazione delle card di fidelizzazione.
Strumento fantoccio. Diciamocela tutta: lo strumento della Tessera del Tifoso, introdotto nel 2009 dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, è diventato obsoleto, non al passo con i provvedimenti di dettaglio demandati alle singole prefetture in occasione delle partite. La partita tra Atalanta e Avellino ne è la dimostrazione, dal momento che il tifoso in possesso della Tessera si è visto all’improvviso spogliato del diritto di andare in trasferta custodito dalla Tessera stessa, palesemente sconfessata. È il tramonto di un baluardo della sicurezza negli stadi, contestato e chiacchierato oramai da anni. Chi è deputato a legiferare ne aggiorni la funzionalità, altrimenti si rischia di vivere in perenne contraddizione e di giocare con la passione dei tifosi.
(di Claudio De Vito)