Avellino – Vinicio Capossela protagonista della festa degli innamorati in una serata, organizzata al Teatro Carlo Gesualdo, interamente dedicata alle emozioni. “Era San Valentino, era la sera degli innamorati, e io ho forse esagerato coi sentimenti, ma voglio raccontare di un concerto di sentimenti esagerati…”. Così l’artista presenta il suo spettacolo. “Non tutto ce la fa a stare nelle canzoni, c’è qualcos’altro che s’agita, come quelle fermentazioni che fanno rompere le bottiglie chiuse e allagano il baule della macchina di ritorno da un viaggio e lo rendono più degno di essere raccontato… in questo lavoro ho voluto scavare nelle coordinate terrene che ci tengono lontani dal cielo…inchiodati nella parte di sotto”. Piccola premessa: non fatevi trarre in inganno dai cinque anni di silenzio discografico intercorsi tra “Canzoni a manovella”, il suo precedente lavoro, e questo nuovo album. Perché nonostante sia apparentemente sparito dalle scene, in realtà Vinicio Capossela non se ne è mai andato. Concerti, anzitutto. E tanti. Concerti per il disco e “Concerti per le Feste”, Concerti per San Valentino e Concerti per il Primo Maggio, concerti estivi all’aperto e invernali in teatro, concerti con 11 fisarmoniche (a Castelfidardo) e con l’Orchestra d’Archi Italiana (a Siena). Quei concerti che hanno portato “Canzoni a manovella”, nel corso di un anno e mezzo, a diventare il suo disco più venduto di sempre (con 70mila copie), facendogli acquistare ancora nuovo pubblico. I due anni di esibizioni dal vivo sono stati seguiti dalla pubblicazione – a gennaio del 2003 – di una raccolta, “L’indispensabile”, con un’ulteriore serie di date dal vivo. E poi da quella di un libro, “Non si muore tutte le mattine”, il primo romanzo di Vinicio Capossela, uscito nel 2004 e pubblicato da Feltrinelli: alla prima presentazione alla stampa, avvenuta alla Terrazza Martini di Milano, Capossela improvvisò un reading leggendo alcune pagine e accompagnandosi con il piano. Quella lettura abbozzata si trasformò prima in un tour nelle librerie, e poi in un vero e proprio spettacolo teatrale, costruito come un reading musicale fatto di “voci, echi, rumori e visioni”, con interpolazioni sonore, videoproiezioni e teatro d’ombre. Le repliche di quel tour si sono concluse nell’autunno del 2004, giusto in tempo per celebrare il Natale con qualche concerto e aspettare il nuovo anno pensando già a un nuovo disco. L’idea di “Ovunque proteggi”, o quanto meno del titolo, viene da lontano: “Ovunque proteggi” era scritto su un magnete in bella mostra sul cruscotto dell’auto di Capossela già al tempo di “Il ballo di San Vito”. Ma se il titolo c’era già, e da tanto, è anche vero che le canzoni sono arrivate molto dopo, quasi in dirittura d’arrivo. Di fatto, si può dire che questo è un disco nato di getto, inseguendo le singole canzoni in lungo e in largo per l’Italia – e a volte anche fuori confine – per stanarle da dove erano nascoste. Un lavoro iniziato nella primavera del 2005, e condotto a ritmi sempre più frenetici fino ad arrivare alla consegna del master alla fine dell’autunno. In mezzo, sei mesi di lavoro continuo, senza orari, avendo come unico metodo la “colica di immaginazione” che ancora una volta, per Vinicio Capossela, è dietro la narrazione della nuova vicenda: «Niente si è potuto davvero programmare, e nella tensione di portare a compimento le cose ci si è mossi come rabdomanti sul filo dell’intuizione». Roma, Scicli, Treviso, Scordia, Rubiera, Ispinigoli, Montebello, Calitri, Scandiano, ma anche Milano. In un locale, in una Chiesa, in una casa o in uno studio, per ritrovare nel silenzio le suggestioni che affioravano da molto lontano: «Ho deciso di intendere i brani come ognuno a se stante, a ognuno un luogo, a ognuno i suoi musicisti. Il risultato è stato portare ciascun brano all’estremo delle sue potenzialità…ciascuno in fondo alla sua suggestione». I luoghi di questo album fanno veramente parte del disco, ne sono e ne raccontano l’essenza. I luoghi dell’ispirazione, i luoghi della scrittura, i luoghi dell’emozione, i luoghi della musica. “Ovunque proteggi” è costruito su un labirinto di luoghi che “sono” nei brani, così come questi affiorano da quelli, brani che scorrono come immaginarie scene da film, in cui i campi possono appartenere ad un luogo (e a determinati musicisti) e i controcampi ad un altro luogo (e ad altri musicisti), in una tradizione che già apparteneva a Pier Paolo Pasolini, il cui lavoro cinematografico è uno dei punti di riferimento di questo album. Luoghi significa anche “ambienti”, e da questo punto di vista “Ovunque proteggi” è, nel concepimento e nella realizzazione, frutto delle precedenti sperimentazioni teatrali, di reading fatti di “voci, echi, rumori e visioni”. Un lavoro rivoluzionario, rispetto ai suoi predecessori, per l’attenzione data agli ambienti sonori e alla voce di Vinicio Capossela. Dal punto di vista dei crediti spiccano i nomi di Mario Brunello al violoncello, Ares Tavolazzi al contrabbasso, Roy Paci alla tromba, Stefano Nanni al pianoforte, il fedele Marc Ribot alle chitarre mentre Gak Sato si è occupato dell’apporto elettronico. Ma che disco è, “Ovunque proteggi”? Un disco solenne, visionario, fatto di “Gioia, Salmi, Naufragi, Meduse e Minotauri”, come lo descriveva qualche tempo fa un’intestazione sul suo sito ufficiale, affiancata dalla dicitura, neanche troppo ironica, “liriche esplicite”. E’ un disco minaccioso, incombente, che – come una nave all’orizzonte – appare da un luogo nel quale non avremmo mai pensato di trovare Vinicio Capossela: un lavoro che supera la forma canzone, nei modi prima ancora che nei tempi, va oltre la dimensione “personale” propria dell’autore e si confronta con tematiche universali e profonde, che vedono nel rapporto tra il sacro e la caducità di ciò che è organico, mortale, il proprio nucleo portante: «in questo lavoro ho voluto scavare nelle coordinate terrene che ci tengono lontani dal cielo… inchiodati nella parte di sotto». Un album di euforica Gioia e di Salmi dalle parole terribili, un disco di visioni, solenne nella scelta degli argomenti e profondamente terragno nella sua realizzazione. Un disco che si snoda come un rosario attraverso le sue tante vicende per arrivare, in fondo, alla benedizione finale. Perché grande è la mano del Signore, per dirla con un vecchio adagio popolare che sottintende un’invocazione, una preghiera: ovunque proteggi.
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