Ariano Irpino – Rifiuti: Gambacorta chiede giustizia a Napolitano

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Ariano Irpino – Il sindaco Domenico Gambacorta chiede al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, nella qualità di presidente del Consiglio superiore della magistratura, che si adoperi affinché sia fatta giustizia in merito alla vicenda relativa a Difesa Grande. Gambacorta ha preferito inviare alla più alta carica dello Stato una lettera, con la quale ha ripercorso le tappe essenziali che hanno portato alla chiusura della discarica arianese, che potrebbe essere riaperta tra qualche ora, in applicazione dell’articolo 2 del decreto legge n. 61, ritenuto dal primo cittadino di Ariano Irpino viziato da illegittimità costituzionale. “Ella ricorderà – osserva Gambacorta – ai tempi in cui era ministro degli interni la vicenda che ha afflitto per quasi dieci anni la popolazione arianese che, prima per l’intera provincia di Avellino poi per l’intera regione Campania, ha subito lo sversamento nel proprio territorio di oltre un milione di tonnellate di rifiuti solidi urbani in una discarica privata che ha consentito al gestore privato di fatturare decine di milioni di euro. Nel settembre 2002 – ricorda il primo cittadino – giunse finalmente il provvedimento di chiusura definitiva del Commissario di governo per l’emergenza rifiuti con l’ingiunzione al privato della messa in sicurezza, il cui progetto fu approvato a maggio 2003. Nell’ottobre 2003, il Commissario di governo si accorse che, per poter completare la messa in sicurezza, andavano sversati altri centomila metri cubi di fos e sovvallo, per un periodo massimo delle attività di smaltimento di 120 giorni dal 17 ottobre 2003. Riprese l’attività della discarica e furono sversate altre 142.000 tonnellate di rifiuti, pari a circa 160.000 metri cubi. Il 26 febbraio 2004, il neo Commissario Corrado Catenacci – continua il primo cittadino – succeduto ad Antonio Bassolino, chiese di utilizzare la discarica per ulteriori trenta giorni per un quantitativo non superiore a sessantamila tonnellate. La popolazione di Ariano Irpino ritenne allora che la misura fosse colma; che il sacrificio di tanti anni dovesse essere rispettato; che Ariano Irpino non dovesse pagare per tutti; che lo Stato dovesse mantenere la parola più volte data, attraverso i rappresentanti delle sue istituzioni. Il 7 giugno 2004 Catenacci prese atto che erano state sversati già più di centomila metri cubi di rifiuti e dispose la cessazione di ogni ulteriore smaltimento a Difesa Grande. Dopo due anni di inerzia decisionale – incalza Gambacorta – il 28 settembre 2006 il Commissario Catenacci, poco prima di dimettersi, non seppe fare altro che riprendere in considerazione la discarica, orinandone la riapertura. Il successivo 8 ottobre il tribunale di Ariano Irpino, presso cui pende un processo penale a carico di 25 amministratori e tecnici della società che ha gestito la discarica, dispose il sequestro preventivo per evitare che l’alterazione dei luoghi potesse alterare la prova processuale. Il giorno dopo, la Gazzetta Ufficiale pubblicò il decreto legge n. 263 che indicò in Tufino, Villaricca e Ariano Irpino i comuni destinati a farsi carico della ennesima emergenza rifiuti in Campania. La conferma del sequestro da parte del tribunale del Riesame di Avellino – aggiunge il sindaco – caducò le intenzioni del governo sulla discarica e le decisioni degli organi giudiziari furono accompagnate da commenti discutibili del Commissario di governo. Gambacorta, riferendosi al decreto legge n. 61, afferma che siamo in presenza del disinvolto stravolgimento di ogni regola dello stato di diritto con la macroscopica invasione di campo del potere esecutivo nella sfera del potere giudiziario. A dispetto dei sacrifici fin qui patiti dalla popolazione arianese e a dispetto delle garanzie della giustizia si vuole a tutti i costi riaprire la discarica – afferma ancora Gambacorta – ella si è rivolta agli amministratori locali, che alimentano polemiche e capeggiano contestazioni, ma noi non vogliamo polemizzare e contestare; noi vogliamo solo appellarci a Lei come primo magistrato d’Italia perché ci sia resa giustizia in senso sostanziale e formale.

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