Sindaci: Avellino tra passato, presente e futuro

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Avellino nella storia. In una storia rigorosamente democristiana. Avellino tra problemi piccoli e grandi. Tra piccole e grandi tragedie. Avellino smarrita. In ginocchio. Avellino risorta. Il capoluogo irpino nelle parole, nelle testimonianze ma anche nelle immagini custodite nella teca Rai e restituite solo ieri a Piazza del Popolo, nella sala consiliare, con in prima fila i sindaci che dal 1970 al 2005 hanno connotato la storia cittadina. Sfilano solo in cinque: Antonio Aurigemma (26/8/1970-21/8/1975), Massimo Preziosi (22/8/1975-7/8/1980), Antonio Matarazzo (2/6/1981 – 19/4/1983), Lorenzo Venezia (19/1/1984 -24/4/1989), Angelo Romano (25/4/1989 – 10/5/1995), Pino Galasso (giugno 2004). Non ci sono Giovanni Pionati (sindaco due volte 1980 – 1981 e 1983 – 1984), influenzato, e Antonio Di Nunno (sindaco riconfermato due volte dal 1995) che nella sua coerenza, in punta di piedi, dopo la sconfitta non ha voluto più calcare la scena politica pur osservando la sua città da vicino. E non ha voluto essere in quella sala che a torto o ragione gli ha restituito gioie ma anche amarezze. Quello di ieri un amarcord che il sindaco Galasso ha voluto sintetizzare invece come un’occasione filo conduttore tra amministrazioni passate. Un modo sicuramente per ricordare l’Avellino del passato, del presente e del futuro.
Un modo anche per rendere omaggio all’Avellino delle ‘sue’ amministrazioni.
35 anni di vita ripercorsi con il giornalista Rai Salvatore Biazzo.
Una moderazione che non ha seguito il solito clichè: intervallata da domande ed immagini a supportare momenti di esaltazione (Preziosi nella cinquecento per inneggiare l’Avellino in Serie A) e di angoscia (Pionati spettatore inerme di fronte alle macerie).

I SINDACI DELLA DC

ANTONIO AURIGEMMA:

“Il mio sindacato segnò una sorta di svolta politica nella vita provinciale. Ebbe risonanza di tipo nazionale: centrosinistra organico, apertura ai Comunisti. L’approvazione del Bilancio, infatti, vide il gruppo dei Comunisti votarlo con una sola eccezione (Iannuzzi, ndr)”.
Sindaco, giornalista e non solo custode di una grande verità: “Era più difficile amministrare perché si era ostaggio anche dell’ultimo consigliere comunale”. Poi un ricordo commosso per un galantuomo come Franco Rotondi che gli ricambiò la stima.

MASSIMO PREZIOSI:

A 33 anni primo cittadino. La sua una vera e propria staffetta in nome di una continuità amministrativa che lo ha visto legato a ‘Nacchettino’ Aurigemma per la costruzione delle prime cooperative, per i quartieri Q9 e Q5… Lui il sindaco del ‘metanodotto’ e l’ ‘inventore’ dell’isola pedonale.

GIOVANNI PIONATI:

Professore di italiano e latino, da due mesi sindaco alle prese con la grande tragedia: Avellino e il terremoto dell’80. Problema principale: la casa. Non le baracche. La dignità e non l’angoscia.

ANTONIO MATARAZZO:

Il sindaco della ‘roulotte’ e degli alloggi. “Ricevetti il testimone in un momento che mi fa venire la pelle d’oca: eravamo tutti terremotati. C’erano i tetti da sistemare. Si era deliberato per la prefabbricazione pesante. Riuscimmo a costituire un comitato per affrontare l’emergenza”. La sfida riuscita: circa 300 alloggi consegnati. Poi un male necessario: la fabbricazione pesante. “Fu una scelta sicuramente sbagliata” ma all’epoca i fondi erano destinati non alla sistemazione definitiva.

LORENZO VENEZIA:

A 38 anni sindaco alle prese con una macchina comunale che “doveva tentare di pensare e costruire centri di incontri. Per trasformare la città e farla crescere come comunità. Un quotidiano drammatico e difficile”. Ma bisognava pensare al dopo sisma. “Facemmo un’operazione di immagine: la torre dell’orologio, simbolo della città che andava ricostruita”.

ANGELO ROMANO:

Il sindaco delle ‘demolizioni’. Protagonista dello smantellamento dei prefabbricati commerciali in via dei Mille.

E poi, Antonio Di Nunno, il sindaco di una città che avrebbe voluto giardino.

GIUSEPPE GALASSO:

Il sindaco di una città che deve essere trasformata. Che deve diventare più vivibile. Di una città con ancora troppe emergenze che vanno affrontate: prima fra tutte la vivibilità.
Il sindaco dalle “scelte condivise: “perché i sacrifici sono più sopportabili”.
A lui, come da copione, le conclusioni. Affidate in un primo momento al senatore Nicola Mancino impedito per impegni romani.
“Abbiamo il dovere di consegnare una città migliore. Le opere si identificano non con gli amministratori singoli ma con l’amministrazione”. Il passaggio per Di Nunno: “Credo che anche chi è assente abbia dato il suo contributo onesto”. E l’appello: “Questa di oggi è anche un’occasione per far ‘capire’ come sia necessaria la partecipazione”.
E ancora una targa consegnata agli “amici e non amministratori” per ricordare.
Per ricordare il coraggio e la dignità di una città che vuole lasciare dietro di sé lo spettro del terremoto dell’80. Di una città che vuole essere vivibile. (di Teresa Lombardo)

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