VIDEO/ Joe Arpaio, lo sceriffo più duro degli USA è di Avellino e vota Trump

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RENATO SPINIELLO – Joe Arpaio è lo sceriffo più duro del West.

Nato da genitori originari di Lacedonia, in provincia di Avellino, Joe Arpaio – sceriffo della Contea di Maricopa in Arizona, ha una fede incrollabile in Donald Trump, candidato repubblicano alla presidenza degli USA:

I suoi metodi gli hanno conquistato la fama di “sceriffo più duro d’America”.

84 anni, Joe Arpaio è un veterano della guerra di Corea e il titolo di sceriffo più duro degli States se l’è conquistato sul campo.

“In questa città – dice – c’è la guerra alla polizia”.

Fa parte della destra repubblicana ed è da sempre personaggio controverso, già accusato in passato di discriminazioni razziali. Usa il pugno di ferro, è favorevole al muro in Messico, ha riempito con la sua politica 6 prigioni e ne ha costruito un’altra, quella di Tent City, definita dai media il carcere peggiore d’America.

Qui si trovano 3000 detenuti, costretti ad indossare la biancheria rosa e a vivere in tende nel deserto dell’Arizona con temperature ad oltre 50 gradi volute proprio dallo sceriffo Arpaio.

Qualche anno fa il Dipartimento della Giustizia ha deciso di aprire un’indagine dopo una serie di denunce contro l’uomo della legge.

L’ultima, sostenuta da parlamentari democratici e associazioni per i diritti civili, accusa lo sceriffo di aver fatto marciare 200 detenuti incatenati nel deserto.

In più non piacciono i suoi pattuglioni indiscriminati. Da tipo tosto quale è Arpaio ha reagito sfoderando fermezza: “Non mi piegherò. Sto solo facendo il mio dovere. Nessuno mi costringerà a voltare le spalle al giuramento che ho fatto quando ho assunto il mio incarico”.

Un giuramento alla stella scintillante che porta sul petto prestato per la prima volta nel 1992 e poi ripetuto nel 1996, nel 2000, nel 2004 e nel 2008. La Contea lo ha, infatti, confermato nell’incarico con una buona dose di voti. Segno che ai confini dell’Arizona i suoi sistemi non disturbano. Anzi. Sono visti come rimedi estremi a mali estremi.

E la stampa locale è insorta in sua difesa sostenendo che è “… vittima di una caccia alla streghe”.

Dopo una breve parentesi passata a fare il garzone nella drogheria di famiglia, Joe ha trascorso una vita da piedipiatti. Prima nella polizia militare, quindi con i Dipartimenti di Washington e Las Vegas, infine è arrivato in Arizona.

E non ci ha messo troppo a farsi notare in una terra selvaggia, affascinante e pericolosa. C’è il problema dell’immigrazione clandestina dal Messico — anche se oggi è in ribasso a causa della crisi economica —, i cartelli della coca compiono scorrerie come ai tempi di Pancho Villa, esiste un fiorente traffico che alimenta le bande messicane. Invece degli Apaches, là fuori ci sono i coyetoros — mercanti di uomini senza scrupoli — e i Los Zetas, sicari pronti a riempirti di piombo.

Allora, “in nome dell’ordine”, Joe-io-sono-la-legge ha imposto le sue regole ferree. A cominciare da quelle nei riguardi dei detenuti. Invece delle tute arancioni o blu, ne indossano un tipo strisce bianco- nere che li fa somigliare ai celebri fratelli Dalton. Poi li ha costretti a portare biancheria di colore rosa: un’idea che si è trasformata in iniziativa commerciale.

Un comune mortale può acquistare i capi con il logo dello sceriffo. Quindi ha bandito dalle prigioni qualsiasi rivista porno, a partire da “Playboy”. Per distrarre gli ospiti della galera ha aperto un canale radio che trasmette musica classica, canti patriottici e qualche canzone di Frank Sinatra. Infine, non contento, ha creato una sezione speciale della sua prigione nel deserto.

Un campo di tende, molto spartano, dove d’estate si arrostisce. Quando picchia il Sole la temperatura può superare tranquillamente i 45 gradi. L’ultima trovata è stata quella di lanciare un reality tv dove mostra la cattura di criminali latitanti. Una specie di scherzi a parte.

Infatti, i banditi sono attirati in trappole architettate dallo Sceriffo. Ma c’è poco da ridere. L’estremo rigore adottato nella Contea di Maricopa hanno provocato nel tempo commenti indignati. Soprattutto tra quanti ritengono che Arpaio si accanisca sui criminali incalliti e sui disperati che cercano fortuna oltre il Rio Grande — basti dire che dall’aprile del 2007 su 106 mila interrogatori condotti sui detenutisi è scoperto che 16 mila erano immigrati clandestini — ed è così arrivata l’inchiesta.

Lo Sceriffo però non si mostra intimorito. E scommette su quanto sta accadendo lungo tutto il confine. A Washington c’è una preoccupazione costante per la minaccia dei narcos messicani e in queste ore non è stato escluso lo schieramento della Guardia Nazionale. Una militarizzazione della frontiera che non dispiacerà allo “sceriffo più duro del West”.