Sempre stazionario lo stato di salute in Irpinia del comparto tessile. Ma si tratta di un’immobilità tutt’altro che positiva. Lo scenario drammatico in cui da tempo verso il settore appare dunque sempre più come una spirale involutiva progressiva. E’ questo ciò che emerge dall’analisi di Franco Fiordellisi, segretario provinciale Filcem – Filtea Cgil, sulle prospettive del contesto economico a livello territoriale.
Esistono delle fondate speranze per un recupero del ‘salvabile’ e per un rilancio del comparto? Una domanda alla quale non è facile dare risposte e che deve tenere in conto da un lato le dinamiche economiche internazionali (prime fra tutte l’apertura dei mercati e la globalizzazione) e dall’altro la regolamentazione della produttività in ambito amministrativo centrale e locale. Altro importante distinguo, poi, è quello che va fatto tra grandi e piccole imprese, divise da diverse problematiche ed esigenze che di fatto si riflettono sulle priorità organizzative e operative. E proprio in riferimento alle grandi imprese, la ‘fotografia’ fedele della crisi può essere proprio la CDI di Calitri. “La cartina tornasole di un sistema organizzativo che va migliorato – spiega Fiordellisi – e per la quale è indispensabile un fattivo coinvolgimento dell’ente Regione se si vuole garantirne la sopravvivenza e salvare i circa 240 posti di lavoro dello stabilimento”. Alla CDI, in verità, la situazione è particolarmente intricata. “Da un lato c’è l’intenzione praticamente manifestata da parte di Lettieri di abbandonare il tessile – prosegue il segretario Filcem-Filtea – dall’altro la querelle con la società per azioni che detiene gli immobili della struttura che si spera (con buone probabilità) venga risolta entro maggio, ‘sbloccando’ così l’investimento di nuovi capitali”. In tal senso esiste già un piano industriale che dovrebbe vedere, a regime, uno stanziamento di circa 4 milioni di euro da parte della GMF Texile Italia, azienda che convoglia commesse e ordini per la CDI. Così come il futuro dell’opificio potrebbe essere garantito, nel dopo Letteri, con il sopraggiungere di una cordata di imprenditori messicani. “Persone navigate del comparto – sottolinea Fiordellisi – ma che cercano precise garanzie prima di gettarsi in questa avventura, nonostante ci sia una certa fiducia sul buon esito della transizione”. Appare chiaro, dunque, come il nodo gordiano dell’intera vicenda sia legato alle istituzioni. “Riponiamo grandi speranze – dichiara l’esponente sindacale – nell’incontro previsto a metà febbraio in Regione con gli assessorati alle Attività Produttive e al Lavoro. Un summit in linea con il cronoprogramma fissato dopo lo scorso 17 dicembre, dal quale ci attendiamo un preciso impegno amministrativo nel monitoraggio e nel supporto su tutte le prossime delicate evoluzioni”.
Il trend della grande impresa resta quello dell’abbandono del tessile, come mostra l’opificio di Calitri, e dell’investimento in altri ambiti. “L’Italia produttiva – informa Fiordellisi – punta sulle telecomunicazioni, l’immobiliare, le energie, a discapito di un settore che sembra davvero abbandonato a se stesso, in balia delle ‘correnti’ extranazionali”. Ma, d’altro canto, nemmeno le piccole imprese possono sorridere, anzi. E anche qui secondo il segretario Filcem – Filtea chi dovrebbe dare una spinta sono le istituzioni: Razionalizzazione e ottimizzazione degli interventi. E’ questa la ricetta proposta. “Una regia dello sviluppo – avverte – che deve essere regionale, ma che deve meglio calarsi sulle diverse problematiche territoriali per salvaguardare il radicamento produttivo”. E la condicio sine qua non di ciò è proprio nella necessaria sinergia da applicare a livello provinciale. “Non un’infrastrutturazione ‘sciolta’ – specifica – ma programmatica e coordinata. Dove il ruolo guida sia chiaro e non subordinato ai tanti centri di potere disseminati sul territorio”. Il riferimento è ai Pip, che in Irpinia sono più di 100, ma che appaiano come dei provvedimenti isolati, fautori di strutture più simili a cattedrali nel deserto che a effettivi poli di sviluppo sostenibile. “Come se non bastasse – aggiunge Fiordellisi – il cooperativismo (possibile leva di rilancio) non attecchisce tra le Pmi locali e quella che si innesca è una sorta di ‘guerra tra poveri’ dove regna l’individualismo sfrenato, senza dubbio poco proficuo per l’intero comparto”. Alla base dello status quo c’è soprattutto la cronica carenza di fondi. “Penuria solo in parte giustificabile – chiosa Fiordellisi – considerati i piani di sviluppo che pure esistono in Regione e che dunque, a maggior ragione, vanno necessariamente migliorati e contestualizzati”. La sfida è lanciata. Il 2008 porterà un’inversione di tendenza? (di Eddy Tarantino)
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