Tentato omicidio Liotti, i giudici: manca la prova della premeditazione di Volzone

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AVELLINO- Il tentato omicidio di Francesco Carlo Liotti (avvenuto nell’agosto del 2020 in Via Visconti ad Avellino) fu ideato dodici ore prima o invece non fu premeditato? La risposta a questa domanda potrebbe vedere ridotta notevolmente o confermata la condanna nei confronti di Danilo Volzone, detenuto per il tentato omicidio. Per i giudici della V Sezione Penale della Corte di Cassazione, che accogliendo il ricorso del penalista Gaetano Aufiero , difensore di Volzone insieme al penalista Alfonso Furgiuele hanno annullato limitatamente alla premeditazione (era già stato escluso l’aggravante del metodo mafioso) la sentenza di Appello bis, nel verdetto dei giudici napoletani non viene dimostrato il “la prova di una preesistenza del proposito criminoso della sua persistenza durante un lasso temporale sufficiente ad integrare quel quid pluris in cui si sostanzia la premeditazione”. Senza premeditazione i giudici dovranno valutare anche un’altro motivo di ricorso presentato dalla difesa e subordinato nella sentenza della V Sezione ad una eventuale esclusione della premeditazione. Si tratta della inutilizzabilita’ delle intercettazioni. In tal caso tutto il quadro accusatorio potrebbe vacillare.

LA SENTENZA ANNULLATA
Dopo un lungo braccio di ferro tra accusa e difesa la Corte di Appello di Napoli aveva rideterminato la pena inflitta dai primi giudici nei confronti di Danilo Volzone, ritenuto responsabile del reato di tentato omicidio commesso in danno di Francesco Carlo Liotti, nella misura di anni tredici di reclusione, esclusa la circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis e confermata quella della premeditazione. I giudici di secondo grado in sede di rinvio dalla Cassazione, che aveva annullato la condanna inflitta dal Tribunale di Avellino nel marzo del 2022, aveva ha escluso la crcostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, confermando quella della
premeditazione. In particolare, ha evidenziato che: “nella notte precedente
l’agguato ai danni della vittima, circa dodici ore prima del delitto vi era stata
una sparatoria nei pressi del circolo dei fratelli Volzone nel corso della quale era
stata danneggiata l’auto di Angelo Volzone” fratello dell’ imputato;
il tentato omididio di Liotti aveva costituito una “risposta ai colpi di arma da fuoco che
dodici ore prima avevano danneggiato l’auto del fratello dellimputato> e, in tale
contesto, e stato anche valorizzato il successivo episodio, rappresentato
dall’ulteriore indirizzamento di colpi di arma da fuoco la sera del 21 agosto,
all’esterno del circolo riferibile alimputato, individuato come <probabile controrisposta> (pag. 9). Sulla base di tali elementi la Corte di rinvio ha escluso
ogni possibile ricostruzione in termini di estemporaneità dell’azione e collocato
l’insorgenza del proposito criminale nella notte del 20 Agosto, <dodici ore prima
del tentato omicidio>, evidenziando che tale proposito rimase fermo fino alla
perpetrazione del delitto, per eseguire il quale Volzone Danilo dovette procurarsi la pistola con la quale fece fuoco e necessariamente avere tempo.di individuare il complice che svolgesse mansioni di autista>

Secondo i giudici della V Sezione Penale della Cassazione la motivazione della sentenza impugnata “non individua elementi inconfutabili a sostegno della conclusione sostenuta secondo cui il momento criminoso sarebbe insorto nelle
primissime ore del mattino del 20 agosto ( all’una di notte), dunque dodici ore prima dell’esecuzione del delitto. In particolare, non sono stati evidenziati elementi che consentano di ricondurre il danneggiamento dell’autovettura del
fratello dell’imputato alla condotta del Liotti, o altri elementi da cui inferire che
Imputato abbia comunque, in quel momento, elaborato il proposito di
vendicarsi attentando alla vita del medesimo. La sentenza impugnata non ha esplorato in modo adeguato l’episodio della
notte cui ha collegato l’insorgenza del proposito criminoso ed ha omesso di
considerare che tale attentato, di per sé, non illumina retrospettivamente, in
modo specifico, sul momento di insorgenza del proposito omicidiario, in difetto altri elementi specifici che possano avere caratterizzato la condotta dell’imputato”. Ed in particolare gli “ulteriori elementi attinenti alla fase preparatoria del’agguato consistititi nella ricerca di un accompagnatore per recarsi a compiere l’agguato sono privi di capacità dimostrativa rispetto al momento di insorgenza del proposito criminoso, in quanto a ridosso dell’esecuzione dell’azione e non potendo da essi inferirsi, con giudizio ex post, la prova di una preesistenza del proposito criminoso della sua persistenza durante un lasso temporale sufficiente ad integrare quel quid pluris in cui si sostanzia la premeditazione. Anche le conclusioni espresse dalla sentenza impugnata in merito alla ricerca dell’arma non riescono a superare il vaglio di logicità, in quanto congetturali e legate a dati presuntivi privi di valore per difetto di collegamento con qualsiasi elemento di certezza in ordine all’arma utilizzata”.