Suo figlio ucciso nella faida tra clan: fu vittima innocente, prima di morire voglio la verità

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TAURANO- “Non voglio morire senza aver lottato perché mio figlio venga riconosciuto vittima innocente della camorra, perché da 23 anni attendo che finalmente ci sia la verità “. Anella Grasso e’ una madre che non si rassegna alla risposta che le istituzioni già ventitré anni fa gli diedero, ovvero che suo figlio Leonardo, appena diciannovenne, ucciso a colpi di fucile nel giardino dietro alla sua abitazione il 13 gennaio del 1992 , non potesse essere riconosciuto vittima innocente della criminalita’ organizzata, perché era il nipote di Aniello Grasso, anche lui di recente deceduto e all’epoca uno degli elementi del clan Cava in lotta con i Graziano in una delle fasi più sanguinose della faida nel Vallo di Lauro. Leonardo Venezia, così si chiamava il giovane figlio della signora Grasso, fu vittima di quella che si considera una vendetta trasversale. Sul suo omicidio ha anche reso dichiarazioni il collaboratore di giustizia Felice Graziano, che ha indicato il presunto movente, legato ad una ipotetica partecipazione del giovane, che avrebbe accompagnato proprio suo zio Aniello, in due diversi episodi. Il danneggiamento di una vettura blindata appartenuta ad un boss del clan rivale e il ferimento di un familiare di un appartenente al clan Graziano, avvenuto qualche settimana prima dell’omicidio. Due fatti che consentono ora alla famiglia di poter dimostrare con certezza che con quelle vicende il loro congiunto non potesse avere collegamento e come detto anche dallo stesso collaboratore, Leonardo non era affiliato a nessun clan. Ma c’è di più, grazie al lavoro che lo studio Schettino, gli avvocati Annibale e Carolina Schettino, stanno portando avanti per vedere riconosciuto lo status di “vittima innocente” di Leonardo Venezia, ci sono “prove” concrete della sua estraneità.
” In quel periodo mio figlio stava facendo il militare a Nocera- spiega Anella- aveva iniziato la leva tra novembre e dicembre 1991, quando lo hanno ucciso era in permesso, perché aveva avuto la bronchite, con la visita del maresciallo a casa che l’ accertava”. Una “battaglia” quella di Anella Grasso, affidata allo studio Schettino, che segue la vicenda da anni ” per riconsegnare alla storia quella pratica per Leonardo, perché era una vittima della camorra. Infatti proprio gli avvocati Annibale e Carolina Schettino hanno voluto sottolineare che “per effetto di queste dichiarazioni del collaboratore di giustizia, abbiamo chiesto la riapertura del caso legato al riconoscimento di vittima innocente”.