Strage del bus, i giudici: alta vigilanza sulla rete compito delle figure apicali

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AVELLINO- “Tutte le questioni inerenti ai controlli sull’efficienza della rete e alla conseguente manutenzione, intesa nel senso ampio sopra esplicitato; con conseguente non delegabilità dei relativi compiti e del mantenimento, in ogni caso, dei compiti di alta vigilanza rimessi alla figura apicale”. Uno dei passaggi chiave del capitolo relativo alle responsabilità dei vertici di Autostrade, come riporta il “Fatto Quotidiano”, “nelle duecentocinquantaquattro pagine delle motivazioni dei giudici della IV Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza emessa lo scorso 11 aprile nei confronti degli imputati per la strage del bus condannati il 28 settembre del 2023 dai giudici della Corte di Appello di Napoli per la strage del bus di Acqualonga, l’incidente avvenuto il 28 luglio 2013 del bus precipitato dal viadotto dell’A16 e costato la vita a quaranta persone.I giudici della Cassazione avevano riformato il verdetto di secondo grado per Ceriola Antonietta e Lametta Gennaro limitatamente alla misura della pena, che avevano rideterminato in anni quattro di reclusione per Ceriola Antonietta e in anni nove di reclusione per Lametta Gennaro.

Avevano invece rigettato i ricorsi di De Franceschi Gianluca, Spadavecchia Nicola, Fornaci Giulio.Massimo, Renzi Michele, Gerardi Bruno, Berti Paolo, Perna Marco, Castellucci Giovanni, Marrone Gianni, Mollo Riccardo. Hanno scritto i giudici (presidente Emanuele Di Salvo, relatore il giudice Attilio Mari) rispetto al verdetto di secondo grado che “la motivazione della Corte territoriale in punto di responsabilità dell’Amministratore Delegato appare congrua e immune da censure”. Il riferimento anche in questo caso è quello alla delibera di approvazione del piano pluriennale di riqualifica adottato dal Consiglio di amministrazione il 18 dicembre 2008. In particolare il fatto che “I’Amministratore Delegato aveva riferito personalmente in ordine agli obblighi derivanti dalla Convenzione Unica e agli obiettivi sottesi al piano medesimo nel cui ambito, come detto e come reso evidente dalla lettura della delibera, non era stata prevista alcuna attività di riqualificazione delle barriere new jersey già sottoposte a crash test indicando l’entità delle risorse necessarie per la relativa attuazione (138 milioni)”. Rispetto al piano, contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di ricorso delle difese dei vertici di Aspi condannati ” Va quindi osservato che I’attività oggetto della delibera, ovvero il piano di riqualificazione comportante un’attività di estesa sostituzione delle barriere laterali – comportava, sia per il suo oggetto e sia per I’ampiezza dell’impegno finanziario, un’attività di evidente rilievo strategico per la società; e che la relativa delibera è stata adottata dal Consiglio di amministrazione su impulso e proposta dell’Amministratore Delegato. capo all’Amministratore Delegato la piena gestione del rischio concretamente attribuito e derivante dall’approvazione del piano e dalle sue modalità, trattandosi di atto pienamente rientrante nella propria sfera di competenza e, comunque, concretamente adottato su sua proposta”. Come e noto infatti, uno dei motivi di ricorso per Cassazione proposti dalla difesa dell’allora Ad di Aspi, gli avvocati Filippo Dinacci e Paola Severino che “l’Amministratore Delegato non era il concreto gestore del rischio in questione, connesso alla riqualificazione e non alla manutenzione”. Già i giudici della Seconda Sezione della Corte di Appello di Napoli avevano ribadito come “la programmazione in materia di riqualificazione delle barriere bordo laterale atteneva proprio alla “area strategica” della politica societaria (ovvero alla definizione degli obiettivi della sua gestione) in special modo ove si consideri che la gestione della rete autostradale in concessione costituiva l’attività principale del concessionario e che nessuna norma di legge o regolamentazione interna esimeva dal corretto adempimento di tali obblighi l’A.D.“ La tesi sostenuta dai magistrati della Procura di Avellino, il Procuratore Rosario Cantelmo e il pm Cecilia Annecchini nel corso del processo di primo grado e nei motivi di impugnazione del verdetto in Appello, confermata dai giudici della II Sezione della Corte di Appello di Napoli e dalla Cassazione. Aerre