Avellino – La situazione di potenziale pericolo del viadotto Acqualonga sull’A/16, teatro dell’immane tragedia dello scorso luglio nella quale morirono 40 persone, persisteva da più di dieci anni. Questa la novità più significativa emersa dalla perizia depositata in Procura ad Avellino. “Lo stato di degrado dei tirafondi (gli ancoraggi delle barriere di protezione) è la causa fisica principale del fatto che la barriera non è stata in grado di contenere il veicolo – si legge – La situazione di totale pericolo che ha avuto gli effetti catastrofici durava da più di un decennio”. Nella perizia di 650 pagine (corredata da una corposa documentazione contenente planimetrie, analisi tecniche, meccaniche, dei materiali e da un video tridimensionale dell’incidente realizzato con il computer) i consulenti della procura della Repubblica di Avellino puntano il dito, tra l’altro, sulla manutenzione degli ancoraggi delle barriere di protezione dell’autostrada.
“Non c’è stata alcuna attività di controllo dello stato dei ‘tirafondi’ di ancoraggio della barriera”, hanno scritto i consulenti dei pm, “… né tantomeno di manutenzione degli stessi, nonostante il prevedibile elevato rischio di corrosione dovuto all’aggressività chimica dell’ambiente nel quale lavoravano”. In sostanza, “… la barriera esistente, nelle condizioni di installazione (con i tirafondi integri) avrebbe contenuto l’autobus, evidandone la caduta dal viadotto” e, quindi, evitando anche la morte dei 40 pellegrini di ritorno da una gita. Tutti dati che, in linea teorica, dovrebbero portare, secondo i consulenti Alessandro Lima, Vittorio Giavotto, Andrea Demozzi e Lorenzo Caramma, al declassamento dell’infrastruttura “… non più classificabile come un’autostrada”.