SPECIALE UN ANNO DI AVELLINO CALCIO/ L’ennesima rinascita

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di Claudio De Vito. Prima la gioia, a lungo agognata, poi il dolore, ancora, e dulcis in fundo le basi di una nuova rinascita, l’ennesima. E’ andato in archivio un altro anno tribolato per l’Avellino Calcio riuscito a trovare un minimo di pace soltanto nell’ultimo mese del 2019. Nemmeno il tempo di esultare per il ritorno tra i professionisti che altre nubi si sono addensate sulla testa della società biancoverde, la cui sopravvivenza è stata messa a forte rischio dalla crisi Sidigas. Un’estate di passione, mesi di stenti e attesa per la svolta arrivata finalmente con la cessione alla proprietà capace di riportare certezze ed un pizzico di entusiasmo. Non è stato tanto un film, bensì una telenovela quella andata in onda in un anno solare vissuto tra luci, per la verità poche, e ombre, fin troppe.

Fino in fondo. La vetta dista 7 punti alla ripresa delle ostilità in un girone di ritorno che si prospetta tutto in salita per i lupi. Subito tre vittorie di fila, ma il Lanusei non molla un centimetro e, complici i passi falsi con Anagni, Cassino e Sassari Latte Dolce la squadra di Bucaro arriva anche a maturare un distacco dal vertice di 10 punti. La capolista non muore mai continuando a macinare punti in extremis, ma l’Avellino si rimette in carreggiata infilando nove successi, l’ultimo in casa contro la Torres, che valgono il clamoroso aggancio alla penultima giornata. Il decimo arriva a Latina ma non basta per festeggiare la promozione perché il Lanusei rimane aggrappato al primo piano della classifica battendo la Lupa Roma manco a dirlo all’ultimo minuto della stagione regolare.

Dopo 38 giornate senza esclusione di colpi, la graduatoria finale dice parità: 83 a 83. Sarà lo spareggio in campo neutro a stabilire chi dovrà volare in Serie C. A Rieti la resa dei conti è risolta da De Vena e Tribuzzi: 6mila irpini ballano nell’ombelico d’Italia. L’Avellino riabbraccia il professionismo e si regala anche l’appendice tricolore con tanto di Scudetto LND cucito sul petto nel tripudio di Perugia del 2 giugno. La quindicesima vittoria di fila conseguita sul Lecco al “Curi” suggella una cavalcata da urlo.

Nuovo incubo. Ma come a volte accade non è tutto oro quel che luccica. Ai festeggiamenti culminati a Capri sulla barca di patron De Cesare seguono silenzio e immobilismo sulla programmazione che stenta a decollare. La squadra viene regolarmente iscritta al campionato, ma il futuro resta tutto da decifrare fino alla notizia di guai seri per Sidigas. L’azienda di distribuzione del gas proprietà dell’Avellino Calcio è a rischio fallimento per la mole debitoria emersa. Guai in sede di procedura fallimentare ai quali si associano ben presto quelli di natura penale in capo a Gianandrea De Cesare, costretto ad incassare un maxi sequestro perché accusato di aver commesso una serie di reati tributari. L’Avellino e i suoi tifosi ripiombano nell’incubo da un solo anno di distanza dall’esclusione dalla Serie B.

Prove di normalità. Non c’è pace, si torna nei tribunali ed inevitabilmente la stagione inizia con ritardo, soltanto ad inizio agosto dopo che la società a fatica ottiene il via libera dall’amministratore giudiziario per il via alle operazioni in un regime economico-finanziario fortemente vincolato. Dalla burrasca si levano le figure di Salvatore Di Somma, nelle vesti di direttore sportivo, e Giovani Ignoffo quale timoniere in panchina. Al raduno del 3 agosto il materiale umano a sua disposizione è scarno con il baby Fabiano Parisi unico superstite del gruppo della promozione.

L’Avellino fa i conti con un altro reset sulla sua tribolata storia moderna. Non si riparte da zero ma quasi e con il passare del tempo si aggregano elementi, molti dei quali in prova, che danno respiro al tribolato lavoro di Ignoffo. Si rivedono così Di Paolantonio, Morero, Alfageme e Zullo giunti tra mille capriole contrattuali e ostacoli economici. Firmano anche Laezza, Albadoro e Celjak, oltre ai promettenti Karic e Micovschi giunti in prestito dal Genoa. L’Avellino prende forma tra giovani di valore e gente di categoria che, nonostante i pochi allenamenti nelle gambe, sorprendono all’impatto immediato con la stagione: il pari di Pagani e la vittoria sulla corazzata Bari regalano ai biancoverdi il passaggio del turno di coppa.

Disastroso invece l’esordio in campionato con il 3-6 casalingo per mano del Catania che fa crollare le sorprendenti certezze maturate in precedenza. Ma la Ignoffo band è viva e lo dimostra con tre vittorie di fila, per poi conoscere un periodo di forte crisi scandito da un pareggio e quattro k.o., l’ultimo – a Pagani – fatale proprio ad Ignoffo che viene esonerato con modalità assai discutibili messe in atto dalla società.

Doppia scossa. Il suo successore si chiama Ezio Capuano, chiamato dal presidente Claudio Mauriello ad invertire la pericolosa rotta intrapresa da Morero e soci. Gli effetti della sua cura sono subiti tangibili contro Bari e Ternana, un pareggio ed un blitz esterno, ma anche con la capolista Reggina che passa al Partenio tra le polemiche. E’ la prima di quattro sconfitte di fila che minano le certezze raggiunte inizialmente dalla nuova gestione tecnica. La crisi di risultati sfocia a Caserta, dove l’Avellino perde il suo terzo derby. Ma all’orizzonte si muove qualcosa in senso societario. C’è una cordata, rappresentata da Aniello Martone, che preme per rilevare il club. Intanto si torna alla vittoria sul campo contro il Rieti e concede il bis a Viterbo.

Tornato il sereno all’interno del rettangolo di gioco, i tempi sembrano maturi anche per la svolta societaria. Il preludio è rappresentato il 3 dicembre da una buona notizia per Sidigas che evita il fallimento grazie all’ok al piano di ristrutturazione del debito. Si spalancano così le porte alla cessione agli imprenditori Nicola Circelli e Luigi Izzo i quali, dopo tante peripezie ed un parere positivo del tribunale, il 6 dicembre rilevano il club spazzando via tutti i dubbi sul presente e sul futuro prossimo dell’Unione Sportiva Avellino. C’è ancora tempo per stendere Sicula Leonzio e Monopoli, e anche per l’ennesimo brivido nelle aule della giustizia sportiva archiviato fortunatamente con un nulla di fatto. Ma il ‘regalo’ inatteso è sotto l’albero dove arrivano le dimissioni di Salvatore Di Somma, sacrificio sull’altare del cambiamento che fa insorgere una piazza affamata di serenità ed equilibrio.