Avellino – Lucio Fierro, esponente politico di lungo corso, oggi leader provinciale dell’ala bersaniana del Partito Democratico, confuta ed abbatte, uno ad uno, tutti i cavalli di battaglia della politica del centrodestra. Dall’atteggiamento tenuto dal presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro in materia di sanità, passando per la politica economica complessiva del Governo e del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, fino alle recenti turbolenze che si stanno verificando a livello locale nell’ambito della coalizione Pdl-Udc, l’esponente del Partito Democratico è critico ed evidenzia come, “alla luce della crisi generale del Berlusconismo”, si aprano nuovi scenari che lasciano prefigurare difficilmente una nuova alleanza Pdl ed Udc. E sul contesto interno al Pd irpino ed in relazione all’ipotesi di un Nuovo Ulivo, lanciata da Bersani a livello nazionale ed avallata da Caterina Lengua a livello provinciale, non ha dubbi: “Sarebbe sbagliato chiudersi nei recinti del vecchio centrosinistra”.
Veniamo subito alla Sanità. Ieri anche lei ha partecipato alla mobilitazione a Napoli contro i tagli ai presidi ospedalieri irpini. Secondo lei perchè il Presidente Caldoro è risultato assente nonostante la protesta fosse annunciata da tempo?
“Caldoro mostra una grande insensibilità politica. La sua assenza, credo, sia solo un piccolo atto di furbizia che per essere tale, rischia di sconfinare nell’inintelligenza. Caldoro cerca di dire: “Il piano non è mio. E’ del Commissario Governativo. E quindi è con lui che ci si deve confrontare”. Sembra non rendersi conto che in questo modo il Presidente della Regione, uno di quelli che pomposamente si lasciano chiamare “governatore” per non assumersi le responsabilità che gli competono, si abbassa a farsi passacarte di un funzionario di Tremonti. Se per lui va bene …”
Ma Il centrodestra è unito nell’affermare che le responsabilità dell’attuale disavanzo risiedono tutte nelle precedenti amministrazioni di centrosinistra e che, in sostanza, i tagli dell’attuale piano sono inevitabili proprio alla luce del disastro determinato in passato dalla sinistra. Qual è il suo punto di vista in merito?
“E’ una favoletta a cui, oramai, crede sempre meno gente. La ragione del “buco” sanitario campano risiede innanzitutto in un meccanismo perverso che ripartisce alle Regioni i fondi nazionali sulla base di parametri che favoriscono quelle a più bassa natalità, con popolazione più anziana; e sono quelle del nord. La Campania è invece la Regione d’Italia a più alta natalità e con popolazione meno anziana. In secondo luogo il governo Berlusconi ha acuito la crisi della sanità campana non rendendo disponibili fondi che le competevano proprio per “strozzare” la sanità con la finalità di affossare Bassolino. Che sia vero lo dimostra Caldoro stesso, le questioni che ha posto a Tremonti, purtroppo con il “piattino” in mano. Sia chiaro: questo non cancella che la storia della sanità pubblica in Campania sia anche storia di sprechi, di uso clientelare dei primariati, di tresche immorali con la sanità privata. Ciò che mi colpisce è che non si veda che questi “vezzi” Caldoro ed i suoi alleati, pur nelle poche piccole cose che sono riusciti a fare, e penso alle deroghe al piano ospedaliero, li abbiano conservati tutti e mi colpisce inoltre come nessuno noti che la forza politica con maggiore responsabilità nella gestione della sanità campana e dei suoi difetti, l’UdC demitiana, sia, con il PdL cosentiniano, la seconda gamba della maggioranza che regge Caldoro. Insomma uno spot, solo un altro banale spot alla Berlusconi, non diverso da quelli della ricostruzione a l’Aquila o sulla risoluzione dell’emergenza rifiuti in Campania”.
Nella segreteria provinciale del Partito Democratico continuano a verificarsi frizioni e spaccature. Esiste una linea politica unitaria in relazione alla sanità, e se sì, su quali punti cardine si basa?
“Non vedo il nesso tra le frizioni che attraversano gli organismi dirigenti del PD irpino e la questione della sanità. Credo che questa sia uno dei pochi terreni su cui il PD irpino sia unito a sostenere il diritto delle genti d’Irpinia ad essere considerati a pieno titolo ed alla pari degli altri cittadini italiani. Il punto centrale di qualunque riflessione sulla sanità, sull’intero sistema dello stato sociale, per il Pd, per tutto il Pd, deve partire da qua. Montezemolo scrive ieri di Tremonti sostenendo che nella sua politica c’è solo bilancio e non c’è l’economia. Ha ragione. Questo è un paese, uno dei pochi tra quelli ad economia avanzata, che è entrato nella crisi senza una politica del governo nazionale calibrata alla esigenza di difendere la capacità italiana di restare tra i grandi paesi produttori e attraversa la crisi senza una politica che sia capace di rapportarsi, sia pure parzialmente, a quanto Germania e Francia, per restare a paesi a noi vicini e peraltro governati dalla destra come l’Italia, sono stati capaci di fare. L’osservazione può slargarsi alle questioni dello stato sociale, dei diritti, della tutela di livelli minimi degni di un paese civile di salvaguardia della vita, della salute, della sopravvivenza decorosa. Tremonti sta tutto in una frase: “la legislazione sulla tutela dai pericoli di infortuni è un rischio che l’Italia non può permettersi”. Nel Paese delle “morti bianche”, al potere c’è un cinico “ragioniere” incapace di vedere i nessi tra le cifre che allinea nei suoi bilanci e come queste si traducano in azioni che squassano la vita di milioni di essere umani. La differenza sta tutta qua. Il PD sta dall’altra parte”.
Alla luce delle elezioni comunali, imminenti in molte importanti province del sud ed in numerosi comuni irpini, e soprattutto della prospettiva di nuove elezioni politiche in primavera, vede di buon occhio l’idea, avallata anche a livello locale dal segretario Lengua, di una coalizione del centrosinistra guidata dal Pd, e quindi di un Nuovo Ulivo che raggruppi tutte le frammentate forze della sinistra, da Sel ai socialisti, per contrastare quel fronte Pdl – Udc che soprattutto in Irpinia è alla guida di gran parte degli enti?
“Io non darei per scontato che a primavera regga ancora una alleanza locale Pdl-Udc. Significa non vedere le tensioni che l’attraversano e che solo ieri, a Napoli, tutti abbiamo potuto toccare con mano. E comunque, anche non enfatizzandole più di tanto, la situazione nazionale, la crisi evidente del berlusconesimo, apre nuovi scenari nei quali, allo stato, appare improbabile una alleanza nazionale UdC-PdL. E’ difficile immaginare che tutto ciò non abbia ricadute da noi. Per il Pd il punto è uscire dal guscio. Comprendere che la vecchia strada che a livello locale ha privilegiato alleanze civiche segnate da un filo di antiche appartenenze democristiane, è una strada senza sbocco, quella che ha alimentato il trasformismo di tanti sindaci che hanno cambiato casacca non reggendo la militanza in una forza di opposizione. Il che significa privilegiare scelte politiche, alleanze politiche e non tra persone. Detto questo, personalmente starei attento a chiudermi nei recinti del vecchio centro-sinistra. Su basi politiche le possibilità di alleanze sono più ampie. Sarebbe sbagliato lasciare tutta la manovra politica agli altri”.
(di Flavio Coppola)