Roma – “Posso capire che per la politica sia più facile gestire, al proprio interno, l’abolizione totale delle Province anzichè un loro riordino e la conseguente razionalizzazione delle funzioni. Ma, se da decenni si parla di abolizione delle Province con l’unico risultato di averne istituite di nuove, vorrà pur dire qualcosa; ora che qualcosa si fa, anzi che parlarne, si ricomincia a parlare di abolizione, sapendo che non è possibile almeno per ora farlo”. Così il ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, Filippo Patroni Griffi, in una nota.
“Ma la cosa singolare – aggiunge – è che il decreto di riordino non è uscito dal cappello a cilindro del Governo, ma nasce da una richiesta dei partiti di modificare l’impostazione originaria del Salva-Italia ed è l’attuazione di quanto il Parlamento ha deciso qualche mese fa con la legge di spending. E raccoglie indicazioni e contributi condivisi dalla maggioranza dei gruppi parlamentari nella Carta delle autonomie e nei disegni di legge presentati alla Camera. Tutto naturalmente è opinabile e criticabile, ma il decreto ha razionalizzato, piuttosto che ‘pasticciato’, un livello di governo del territorio, avendo un occhio ai modelli europei (che ne hanno tre) e un occhio al rischio che il trasferimento delle funzioni alle Regioni avrebbe comportato un non voluto aumento di enti strumentali, agenzie e relativi costi. La riforma del territorio è meditata e studiata. Naturalmente è un primo passo. Può essere migliorata. Crea resistenze e suscita localismi, che possono essere superati solo dal Parlamento, che è il luogo deputato alla sintesi istituzionale. Occorre, però, anche il coraggio del cambiamento. E forse i cambiamenti graduali e meditati richiedono più coraggio delle dichiarazioni di cambiamento radicale, perchè impongono di distinguere e di scegliere: che è il ruolo della politica”, conclude.