Rifiuti: Catenacci firma l’ordinanza, per Savignano non c’è scampo

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Savignano: nessuna via di scampo per località Ischia. Ore decisive quelle di questa mattina. Corrado Catenacci, tra le aule del suo ufficio partenopeo, ha emesso il finale verdetto. Quello definitivo. Quello che ‘condanna’ la cittadina ufitana a ricevere fos e sovvalli provenienti dai Cdr irpini. Ora non c’è davvero più alcuna strategia che possa scongiurare il pericolo. Non si parla più di rischio. Solo di certezze. Un dato di fatto confermato e sottoscritto a chiare lettere dal commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania. Una decisione che per lungo tempo è rimasta sospesa sul filo del rasoio ma che ha preso vita dopo un periodo di riflessione attenta e meticolosa. Ora si procederà dunque ai lavori. La cava di località Ischia sarà impermeabilizzata e sottoposta a tutti gli interventi necessari a renderla idonea all’uso a cui sarà destinata senza arrecare alcun danno alla popolazione né incidere in modo particolare su quello che suole definirsi impatto ambientale. E’ così, a quanto pare, che prende le mosse il Piano di provincializzazione dei rifiuti a cui tanto si aspirava per non gravare, con il ‘nostro pattume’, su territori estranei. Vince dunque, la politica dell’ “ognuno si renda responsabile delle proprie azioni”. Ma ancora una volta si leva aggressiva la voce del territorio ‘vittima di sopruso’. Un grido di allarme che non può che giungere dalle parole del primo cittadino di Savignano, Oreste Ciasullo. Poche frasi e nessun tentennamento. “Siamo sconcertati. Ma non contraffatti. Non ci arrenderemo”. Una conclusione che suona come presagio. Monito allarmante per un futuro all’insegna, anche questa volta, di proteste. Uno dei classici ‘ricorsi storici’, peraltro quasi d’obbligo, per chi ricorda la manifestazione dello scorso 16 dicembre. Quando località Ischia accolse il camioncino della Fibe, braccio operativo di Catenacci, con un unico grande striscione: “Giratevi”. Istituzioni, polizia, cittadini… una ‘stregoneria’ che trasformò l’antica fornace di ‘Ischia’ in una vera trincea, fortezza difensiva di una battaglia che non ha risparmiato ‘vittime’ sotto nessun punto di vista. Ma quel 16 dicembre fu solo un avvertimento. La protesta, infatti, lasciò la valle del Cervaro per spostarsi nella città capoluogo. Avellino tremava per l’arrivo del ‘nemico’. Un nemico che non bramava guerra ma solo giustizia: “non vogliamo essere la pattumiera dell’Irpinia”. Erano in tanti a lanciare l’allarme mentre Palazzo Caracciolo, silenzioso, decideva sul da farsi. Manifestazioni civili ma dai toni estremi che hanno coinvolto non solo la verde Irpinia ma il limitrofo territorio pugliese. E da allora tanto è stato fatto. Dalla modifica della segnaletica stradale alla consegna delle chiavi. Nulla di intentato, nulla lasciato all’imprevedibilità del caso. I coristi dell’ “abbiamo già dato” erano agguerriti allora così come lo saranno oggi. Ora che il dado è ormai tratto. Ora che il documento è sancito da un patto irrevocabile. Ora che località Ischia è ufficialmente il catalizzatore di ‘quella risorsa’ che nessuno vorrebbe mai avere. Ma se è vero che la speranza è sempre l’ultima a morire, c’è da giurare che il futuro riserverà grosse sorprese. E chissà che anche questa volta la calma valle del Cervaro non si trasformi in un ennesimo campo di battaglia dove non ci sarà alcun eroe armato a bramare un vittorioso successo né alcun popolo soggiogato. Solo una popolazione che per l’ennesima volta grida la propria dignità e disdegna quel compromesso che in troppi continuano a chiamare ‘risorsa’. (di Manuela Di Pietro)

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