VENEZIA – “Un parlamento di anime morte per il novanta per cento”, “la democrazia a fine corsa”, “la concentrazione dei poteri nelle mani dei presidenti di Regione una idiozia per togliere il diritto di votare i propri rappresentanti ai cittadini”, infine “l’impegno alle prossime regionali in Campania per difendere il lavoro degli ultimi dieci anni”. A Venezia, ospite di quello che ha definito aprendo il suo intervento il “mio collega di sofferenza Luca Zaia” il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha messo in campo tutti gli argomenti per commentare il limite del doppio mandato che gli ha di fatto precluso una ricandidatura alla guida di Palazzo Santa Lucia.
Spiega De Luca come “diventa difficile da motivare una riforma istituzionale che blocca per i presidenti eletti dai cittadini a due mandati in un Paese nel quale non c’è nessun vincolo per i deputati, per i senatori, per i sottosegretari, i viceministri, i ministri, il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica. Nessun vincolo per nessuno, tranne che per chi viene eletto direttamente dai cittadini. La vicenda è significativa per due motivi per quello che ho verificato. Tutti quelli che da Roma parlavano sulle Regioni avevano due caratteristiche comuni. La prima. Non sapevano nulla delle regioni di cui parlavano. La totale ignoranza dei processi in corso nelle varie regioni. La seconda caratteristica, era la volontà di togliere la parola ai cittadini. La vicenda del secondo mandato alla fine significa queste due cose. L’ignoranza dei problemi che riguardano i territori e la volontà che hanno esponenti politici romani di non dare la parola ai cittadini perché possano decidere. Qual è il loro futuro. La cosa ancora più clamorosa? Perché i rappresentanti i politici parlamentari dovrebbero essere i rappresentanti del popolo, non rappresentano niente, neanche se stessi. Il novanta per cento sono anime morte perché non sono stati votati da nessuno”.
Il problema, secondo il governatore della Campania è un altro. “Io invece credo – spiega De Luca – che dovremmo fare una riflessione di tipo diverso. Perché avverto la sensazione di un dibattito istituzionale molto provinciale. La verità che noi dobbiamo ragionare di riforme istituzionali avendo due elementi sullo sfondo. Il primo è la crisi delle democrazie nel mondo, il secondo elemento è la crisi della democrazia in Italia. La democrazia, questa è la mia opinione, è arrivata ormai a fine corsa. Tutti quelli che erano i contenuti essenziali della democrazia classica la separazione dei poteri e il suffragio universale non esistono più, un elemento che caratterizzava moralmente le democrazie rispetto alle autocrazie in pratica non esiste più, siamo tornati al voto di ceto dell’Ottocento”.
E alla fine, rispondendo alle domande dei giornalisti ha anche rincarato la dose: “Lei immagina se la gestione dell’emergenza Covid fosse stata affidata a Roma, al Ministero, avremmo avuto un’ecatombe. Allora bisogna usare un linguaggio di verità, ci sono cose che devono essere assegnate ai poteri centrali: politica di difesa, politica energetica, politica estera. Tutto il resto va decentrato nei territori, perché bisogna decidere In tempi rapidi e dando ai cittadini la possibilità di verificare chi fa cosa. Quando si parla di regioni, quando si parla di trasferimento di poteri allo Stato tutto questo ha un’unica conseguenza: togliere la parola ai cittadini. Quando si dice che le regioni sono una concentrazione di potere, si dice un’altra idiozia. Nella Regione Campania, chi mi ha preceduto è stato sostituito dopo un mandato. In Sardegna, il presidente è stato sostituito dopo un mandato. In Umbria dopo un mandato. Cioè i cittadini decidono autonomamente liberamente se dare il consenso”.
E quando gli viene rappresentato che la decisione della Consulta rappresenta una pietra tombale sull’ipotesi di terzo mandato per i governatori, De Luca rincara la dose: “Non lo so che cosa hanno messo, non sul terzo mandato, hanno tolto la parola ai cittadini e hanno creato i presupposti per danneggiare pesantemente le regioni. Lei riesce a immaginare cosa significa cominciare da zero il lavoro per i fondi di coesione, per la sanità, per tutte le politiche di sviluppo che sono in corso, ma bisogna essere veramente irresponsabili. Ovviamente qual è la ragione di questo divieto del terzo mandato, lei l’ha capito?”.
Gli viene risposto che la ragione è quella di “Non dare tutto il potere ai governatori”.
La risposta di De Luca è secca: “Un’idiozia, perché non vale questa regola per i deputati, senatori, i ministri, i sottosegretari. Il Presidente del Consiglio ha più potere di noi, il Presidente della Repubblica ha 100 volte più potere di tutti e non c’è nessun vincolo. Tutta una finzione di anime morte che vivono a Roma e hanno bisogno di contrastare quelli che hanno rapporti con i territori e hanno il rapporto con i cittadini, questo è tutto. Solo politica politicante”.
Si presenterà comunque alle elezioni regionali? Il governatore come spesso negli ultimi giorni risponde sempre allo stesso modo: “Quello che è certo è che impedirò per quello che mi riguarda che sia distrutto il lavoro di questi anni, quando abbiamo cominciato a lavorare la regione Campania non si poteva neanche presentare in Italia. Ci ridevano in faccia, fra rifiuti, camorra, disorganizzazione sanitaria e sanità commissariata. Oggi ci rispettano e questo rispetto vorrei che non fosse perduto e che la Regione non ritornasse nella palude”.
E ha concluso: “Mi auguro che ci sia ovviamente un approfondimento sui temi che riguardano non le regioni ma la democrazia italiana. Questo problema va affrontato nell’ambito della crisi delle democrazie, ormai va a votare meno della metà dei cittadini, il rapporto con le istituzioni è diventato estremamente flebile. La capacità di decisione delle democrazie è incomparabilmente più bassa rispetto ad altri Paesi. Dunque veramente le democrazie sembrano arrivate a fine corsa. Questo è il problema vero le regioni, il decentramento dei poteri può aiutare a dare un’anima alle democrazie, a dare un popolo alle democrazie. Ma se togliamo i cittadini pure il diritto di scegliere il proprio futuro, credo che non c’è futuro neanche per la democrazia”.
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