Questo week-end in Promozione torna il derby della valle Ufìta tra Grotta e Vis Ariano, all’andata a sorpresa furono i biancazzurri a portarsi a casa l’intera posta in palio, match che sancì la crisi dei giallorossi e la successiva rinascita grazie allo sfogo dei tifosi locali.
Una gara che condizionò totalmente il cammino della truppa di Ianniciello, che da allora ha collezionato una striscia più che positiva riuscendo ad agganciare – o quasi – l’Eclanese al terzo gradino del podio. Per la Vis invece fu l’unico successo dei mesi di ottobre, novembre e dicembre, poi la risalita con Spica al timone fino ad occupare ad oggi una tranquilla posizione di metà classifica.
La rivalità fra le due formazioni, che gli abitanti dei territori confinanti definiscono come sfida tra montagna e pianura, va tuttavia oltre il calcio. Gli scontri diretti tra le due formazioni non sono così diffusi, basti pensare che in campionato, prima della contesa del “Renzulli”, giallorossi e biancazzurri non si sfidavano dal 96/97.
Perché dunque questa rivalità?
La storia (e leggenda) narra di una contesa tra i D’Aquino di Grottaminarda e Roberto di Bussone, signore di Ariano. Siamo nel XIII secolo e al centro della disputa vi era un feudo di Melito gestito dalla famiglia De Forgia, per antica consuetudine vassalla dei signori di Grotta. Si battagliava quotidianamente per quel terreno, tanto che Ruggiero, figlio di Andrea D’Aquino, alla morte del padre tentò di conquistarlo, dichiarando guerra alla vicina Grottaminarda.
La storia non sorrise però agli ufitani del Tricolle: oltre a venire sconfitti in battaglia, infatti, Grotta conservò il proprio feudo.
Da quel giorno fu odio profondo tra le due vicine cittadine, un odio che non risparmia neanche i rispettivi protettori San Tommaso e Sant’Ottone che sempre secondo la leggenda si sfidarono sul ponte di Melito.