Avellino – Vanda Grassi, Donato Pennetta, Rosa D’Amelio, Franco Vittoria e Giandonato Giordano per Italia popolare. I nomi dei candidati alle regionali, designati oggi nel corso della direzione provinciale del Partito Democratico – contestati nel metodo e nel merito – hanno letteralmente lacerato quei pochi brandelli di speranza di unità a cui ambiva il partito di via Tagliamento. La maggioranza c’è – 14 voti a favore, 8 astenuti e 5 contrari – ma definirla maggioranza a questo punto appare davvero una parola molto grossa per un gruppo che è sempre troppo pronto a contravvenire a quei principi di democrazia, trasparenza e collegialità che tanto decanta prima di assumere ogni decisione. Insomma, l’antefatto promette sempre bene, l’epilogo distrugge. E tra aspettative deluse e contestazioni di metodo il Pd non riesce a trovare la sintesi neanche in momenti in cui è l’unità a dover dettare le regole.
In più a questo punto sorgerebbero molteplici interrogativi anche sulla ‘necessità’ di rinunciare ad un candidato per cederlo alla corrente di Gerardo Bianco la cui collocazione appare oggi ancora alquanto incerta. Anche per menti lontane dai veri ragionamenti e dalle logiche spesso astruse della politica appare quasi ovvio ipotizzare che dietro una decisione del genere ci sia qualcosa che cova e che probabilmente il tempo chiarirà.
Fatto sta che i malumori degli ultimi giorni sono sfociati oggi in un dibattito in cui davvero lo sfinimento delle incomprensioni ha preso il sopravvento sull’etichetta politica. Insomma, se ne sono dette di tutti i colori. A cominciare dall’ “ardire” nel voler incontrare i territori e la gente per farsene portavoce e assorbire quelle istanze che avrebbero dovuto tradursi in nomi per poi estrarre dal cilindro candidature “già studiate” ma che in realtà tutto rispecchiano tranne le indicazioni dell’elettorato. Consultazioni che, a parere di molti, sono apparse fumo negli occhi rispetto ad un popolo democratico tradito una volta in più. Senza contare, poi, che qualcuno sente di averci perso davvero la faccia. E così finisce l’opera di mediazione e si arriva alla resa dei conti: Vanni Chieffo – nome da più parti sollecitato – ha deciso di abbandonare i franceschiani per creare una nuova componente dall’ironico nome di ‘marzo nero’. E in fondo chi può dirgli niente… in questo partito una sensibilità non la si nega a nessuno. Una più, una meno. E così ha abbandonato il dibattito in corso con un avvertimento: la direzione regionale sarà messa al corrente di tutto. Perché, se gerarchia esiste non è detto che gli atti di forza debbano sempre essere portata all’ordine del giorno.
Cosa dire poi della decisione ancora più netta di Mirella Giova che a quanto pare ha deciso di dimettersi da vice segretario, ‘rea’ di aver involontariamente ‘tradito’ quella gente di cui si e fatta portavoce nel giro di consultazioni che hanno anticipato la direzione. E probabilmente, volendo assurgere a psicologi da quattro soldi, il Pd nell’animo della Giova non rispecchia più quella definizione democratica che vanta finanche nel nome.
E forse il quadro più chiaro dell’aria che si respira a via Tagliamento Rosanna Repole lo ha ridotto a poche parole ma che hanno colpito in pieno l’orgoglio delle ‘menti pensanti’: “Siamo passati da una montagna ad una collina”.
Cosa dire di più?
Comunque vada… non sarà un successo! Almeno non interno al Pd. (di Manuela Di Pietro)
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