Avellino – Operazione Pantera Rosa. Sono state emesse oggi le prime condanne a carico di Massimo Giordano, 2 anni e 10 mesi di reclusione, Claudia D’Angelo, 3 anni di reclusione; Virgilio Riccio, 3 anni di reclusione; Michele Giliberti, 2 anni 10 mesi di reclusione; Sebastiano Giliberti, 1 anno di reclusione con pena sospesa; Franco Trosi, 1 anno di reclusione con pena condonata. Smantellata dunque definitivamente la rete di spacciatori di droga che riforniva di eroina, cocaina ed hashish gran parte della Provincia di Avellino. L’organizzazione, abilmente gestita da una giovane donna di Montoro Superiore, creava un flusso costante tra le grandi basi di spaccio del napoletano e gli acquirenti irpini, con ricavati superiori al 300 per cento del costo d’acquisto delle sostanze. Le indagini erano iniziate nel 2006 e sono durate più di un anno. Hanno consentito di identificare dieci persone ben organizzate e con compiti ben delineati che, dal napoletano introducevano in irpinia la droga per immetterla sul mercato locale. L’operazione costantemente seguita e diretta dalla Procura di Avellino attraverso il Procuratore Capo Mario Aristide Romano e il Sostituto Procuratore Marialuisa Buono, costituisce un importante punto di svolta nel contrasto al traffico di sostanze stupefacenti nell’avellinese. E’ stato infatti portata alla luce una rete organizzata su schemi aziendali dove l’obiettivo principale è l’interesse economico perseguito in tutti i modi possibili, e non più pertanto i singoli pusher spesso tossicodipendenti che agivano per conto proprio con ricavati molto marginali. La giovane ventiquattrenne, che è risultata per i comportamenti tenuti e per la capacità organizzativa dimostrata, l’indiscusso leader del gruppo, non aveva scrupoli nel cercare di mantenere alto il profitto dell’organizzazione ricorrendo anche a spedizioni punitive ed atti intimidatori allorquando la sicurezza della consorteria era messa in pericolo. Tanto è vero che un giovane tossicodipendente su disposizione del capo “in rosa” è stato violentemente picchiato, minacciato ed abbandonato in aperta montagna per aver rivelato qualche informazioni ai carabinieri sulle modalità di acquisto della droga. La violenza, sollecitata dalla spregiudicatezza e condita con il desiderio di arricchirsi, spingeva il gruppo ad utilizzare per i propri traffici anche ragazzi minorenni allettandoli con l’effimero gusto del facile guadagno.
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