Avellino – All’apparenza lo Studio Cofim, nome da cui ha preso spunto l’operazione, era una società finanziaria dedita alle consulenze assicurative ed immobiliari che aveva la sua base logistica ad Avellino e distaccamenti a Solofra, Atripalda, Montoro Superiore e Monteforte Irpino.
Una organizzazione efficientissima, con tanto di quadri dirigenziali, consulenti e procacciatori che nell’arco temporale di qualche anno aveva messo in piedi un giro d’affari illecito per svariate centinaia di migliaia di euro, consistente nell’impossessamento di denaro erogato sotto forma di finanziamento dalle varie società finanziarie, facendole cadere in errore circa la solvibilità del debito da parte dei soggetti ‘fasulli’ finanziati.
Il blitz, da parte degli agenti della Squadra Mobile di Avellino, coordinati dal vicequestore Pasquale Picone e dal sostituto commissario Bianco, è scattato nella notte ed ha portato all’arresto di 15 persone: in carcere è finito la ‘mente’ del gruppo criminoso, il 45enne avellinese Carmine Iannuzzi, insieme alla 26enne Maria Manzo, la 25enne Rita Scarano, la 29enne originaria del leccese Giuliana Russo, il 25enne Gerardo Rinaldi, il 42enne Ludovico Nittolo, il 40enne Massimiliano Sperduto, il 42enne Antonio Romagnuolo, il 51enne Giulio Acierno ed il 54enne originario di Quindici Aniello Grasso. Ai domiciliari, invece, sono finiti il 57enne Durante Siniscalchi, la 44enne Ornella Tavino, il 61enne Francesco De Maio, il 55enne Michele Scardino e il 50enne Rosario Troisi.
Tutte le persone colpite da ordinanza di custodia cautelare sono ritenute gravemente indiziate del reato di associazione a delinquere finalizzata alle truffe in danno di finanziarie aggravate dall’abuso di relazioni di prestazioni d’opera.
Sempre nel corso della notte, gli agenti della Questura di Avellino hanno sequestrato documenti e personal computer, il cui contenuto potrebbe portare nuova linfa al filone d’inchiesta che ha già avuto riverberi in altre Regioni d’Italia.
COME AGIVA LA SOCIETA’ – In pratica, grazie alla partecipazione al sodalizio criminale, alcuni imprenditori locali, sotto l’abile regia del promotore finanziario, facevano falsamente risultare impiegati a tempo indeterminato presso le proprie ditte persone nullafacenti, prive di reddito, che avevano richiesto prestiti personali, inducendo in tal modo in errore le finanziarie materialmente erogatrici del prestito, ovvero facevano risultare false compravendite di beni, motivo della richiesta del prestito.
Nell’accurato sistema, un ruolo fondamentale era rivestito dai collaboratori del promotore finanziario che predisponevano buste paghe e Cud ‘ad hoc’, documenti che venivano poi correttamente ‘allegati’ alle richieste di finanziamento. Ma pagate le prime due rate, i falsi intestatari del prestito sparivano nel nulla, intascandosi l’intero importo.
A finire nella morsa dell’associazione truffaldina erano principalmente le piccole società erogatrici di prestito che per loro natura non potevano usufruire di adeguati strumenti di controllo e difesa. Dettaglio non trascurabile, la ‘fama’ della Cofim era avvalorata dal fatto che il promotore finanziario aveva rapporti non con una singola finanziaria ma con molteplici società, associazioni di categoria e banche con i quali aveva stipulato le convenzioni.
BILANCIO – “E’ stata una attività certosina e molto paziente quella portata avanti dalla Procura della Repubblica di Avellino e dalla Squadra Mobile – ha commentato Antonio De Iesu, Questore di Avellino – Di sicuro, gli arrestati sono stati colti alla sprovvista e nessuno di loro sapeva o immaginava delle indagini in corso”.
Grazie alle intercettazioni telefoniche ed alla acquisizione documentale è stato inoltre possibile redigere oltre 6mila trascrizioni verbali: “Quando si è avuto la prontezza delle attività criminose in corso – ha spiegato il capo della Mobile, Pasquale Picone – sono state subito avvertite le società finanziarie finite nel mirino dell’organizzazione, evitando così la perdita di ulteriori centinaia di migliaia di euro.
Dei 15 arrestati, 3 sono ritenuti affiliati al clan Cava anche se, come è stato specificato in sede di conferenza stampa, al momento dietro l’attività illecita non risulta la regia del clan malavitoso.
Altre 11 persone, infine, non destinatarie di misure cautelari, risultano indagate poiché consentivano all’associazione di aumentare l’illecito giro d’affari poiché, pur non avendone i requisiti, grazie all’intervento dell’associazione venivano istruiti affinchè una volta richiesti i prestiti dopo un breve colloqui telefonico erano in grado di dichiarare il falso ed eludere in tale modo l’ultimo controllo. (di Antonio Pirolo)