Omicidio Gioia, il difensore di Limata ne chiede la non imputabilità. Si attende la sentenza

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L’udienza riprende con un bigliettino scritto da Limata e consegnato all’avvocato Iorio. Biglietto che tutte le parti hanno consultato. È una dichiarazione spontanea. Probabilmente si è professato innocente. Prende la parola Iorio ricordando che a Limata è stata riconosciuta la 104 sin dal 2012. Ovvero, è una persona malata. Subito dopo l’episodio, alcuni consulenti parlano, riguardo a Limata, di disturbo bordeline della personalità. Sarebbe stata Elena a manipolare il ragazzo di Cervinara, sempre stando alle prime consulenze effettuate su di lui. Si sofferma poi sulla perizia psichiatrica del dottore Sciaudone. Iorio la ritiene a dir poco imbarazzante, si arriva a conclusioni identiche per i due imputati, al di fuori delle linee standard previste. La metodologia è stata criticata da tutti, ricorda il legale. Che problema c’era a videoregistrare i colloqui?, si chiede Iorio. Che “smonta” la perizia in più punti. Critica il colloquio con Limata, perché a forma libera. Si sarebbero dovuti fissare dei paletti, effettuare eventualmente dei test. Iorio traccia la personalità di Limata e sottolinea la sua devozione per Elena, la considera una dea e per lei dorme anche nel garage. Elena avrebbe acceso un “fiammifero” anche in maniera inconsapevole. Su una persona già con patologie e con problemi. E legge dei messaggi che i due si sono scambiati. Lei gli confessa di stare male, accusando i genitori, dicendogli che le fanno saltare pranzo e cena. Lamentele che, secondo Iorio, innescavano confusione nel l’imputato. È Elena che organizza come fare entrare Limata in casa, è lei che decide le sorti della sorella, sottolinea Iorio, che ricorda anche le fatidiche tre parole che danno il via libera all’omicidio: “Ok, vai amò”. Parla della premeditazione, l’avvocato Iorio: solo all’apparenza è pianificato ma nulla è organizzato, fa notare. Si tratta, secondo lui, di un delirio lucido. Il delitto non viene pianificato in maniera realistica. Dunque, nessuna premeditazione e Iorio ricorda i vari “errori” subito dopo l’episodio. Senza considerare i vari messaggi, come il voler fare un falò dopo l’omicidio o di cambiare i telefoni. Limata, ricorda Iorio, è fornito in carcere fin dal primo giorno, di un piantone proprio a causa delle sue patologie. Assume ogni giorno farmaci per cercare di contenere la situazione, ha commesso e compie tentativi di suicidio. Tentativi che nascono dalla paura di essere abbandonato derivante dai traumi di cinque anni di casa famiglia. Non ha un lavoro, non ha una patente, non ha concluso gli studi. Non ha prospettive di futuro. Iorio ha svelato che non è stata fatta la risonanza magnetica a Limata, così come autorizzato dalla Corte, perché in carcere non gli sono stati fatti gli esami necessari. Il movente? Mantenimento della relazione? Non lo è, secondo Iorio perché erano entrambi liberi e maggiorenni. Limata ha agito per salvare la sua amata, lei ha assecondato. L’avvocato ha chiesto, al termine del l’arringa, che Limata sia dichiarato non imputabile, in alternativa il minimo di pena.

La Camera di Consiglio si riunisce. Ora si attende la sentenza.