Nel 61esimo compleanno della Repubblica, l’unica festa nazionale

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Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano in questi giorni sta tornando spesso sulle ragioni della solidarietà nazionale e sulla concertazione istituzionale quali strade fondamentali per conseguire l’obiettivo della democrazia compiuta; lo ha fatto anche ad Avellino, in occasione della commemorazione del grande meridionalista Guido Dorso, affermando che sulle riforme – aspetto primario per il funzionamento della Repubblica – occorre l’impegni di tutti. Oggi la riflessione è centrata sull’unità nazionale, che non rappresenta l’obiettivo da raggiungere, ma la base sulla quale costruire la nostra immagine e la nostra presenza in Europa. Abbiamo ancora un ‘Italia a più voci, che suonano come le canne dell’organo: ci sono le note alte e quelle basse, che rischiano la disarmonia, ma viviamo anche grandi momenti di partecipazione emotiva alla vita del Paese, che contribuiscono a rafforzare il senso del 2 giugno. Certo, i cittadini sono in festa, ma la celebrazione è dedicata alle istituzioni, affinché trovino la forza per reagire ed intervenire sui grandi temi sociali, la cui soluzione è attesa da troppi anni per poter essere ancora disattesa: c’è un Paese che soffre quando è costretto a convivere con questioni molto coinvolgenti e che pongono la coscienza civica davanti a modelli comportamentali, il cui riferimento sembra essere stato smarrito o deteriorato da una spinta progressista spesso invadente ed non riguardosa nei confronti dei principi fondamentali della vita e della famiglia. Ed allora, la festa della Repubblica mette al centro una riflessione, su tutte: il ritorno ai valori che furono i presupposti per la nascita della nuova forma di stato, costituito dai padri fondatori dopo 85 anni di regno. Abbiamo un impegno al quale assolvere e nessuno può sottrarsi, soprattutto nel mezzogiorno, che continua ad essere funestato da vecchie questioni, che, come spettri del passato, condizionano la nostra esistenza e contribuiscono ad alimentare il disagio sociale. Il lavoro non può essere ricondotto a mera statistica sul numero degli occupati, più o meno precari, dai quali depennare chi finisce nell’elenco di quelli terminati per intervenuta morte “Bianca”; deve essere una esigenza sociale intorno alla quale la Reppublica deve stringersi, perché il raggiungimento di quell’obiettivo rappresenta un passaggio fondamentale e costituzionalmente garantito. Non riuscirci, significherebbe aver fallito la conquista sociale più importante. Buona Festa a tutti. (di Italia Manzione)

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