Natale: gli irpini non badano a spese. Sulle tavole, la tradizione

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A Natale, si sa, nessuno bada a spese. Soprattutto a tavola. Il tipico cenone della vigilia nelle case irpine sarà, infatti, all’insegna delle tipicità. Secondo una recente proiezione, soltanto un irpino su un campione di 60 intervistati (contro il rapporto 1 a 50 dello scorso anno) si recherà in un ristorante e spenderà, mediamente a persona, 50 euro come nel 2005. Sulle tavole dell’intera provincia non mancherà poi il panettone che vince ancora una volta la sfida con il pandoro. Si conta che in Italia verranno consumati circa 90 milioni di confezioni vendute (per un business totale di oltre 500 miliardi). Tiene sul mercato anche il torrone, di cui l’Irpinia è nota produttrice, che si attesta sulle 12 mila tonnellate (per un fatturato di oltre 160 milioni di euro). Numeri da capogiro anche per i brindisi augurali. Dagli italiani verranno stappate 150 milioni di bottiglie di vini – altro business tipicamente irpino – e spumanti per un totale di almeno 300 milioni di euro. Un posto d’onore ancora una volta anche per il pesce rispetto alla carne bovina ed ovina. Su questo la tipicità irpina perde, ma non resiste di fronte al tipico richiamo culinario della vigilia. Nonostante il caro prezzi, tengono champagne e caviale per le grandi serate di gala. Nelle case irpine non si supererà la spesa media di 90 euro per nucleo familiare. In totale, in compenso gli italiani spenderanno intorno ai 2 miliardi di euro per festeggiare il Natale. Ed ancora. Con un discreto incremento rispetto allo scorso anno (dovuto, soprattutto, all’aumento dei prezzi), complessivamente del +6 per cento, gli irpini non faranno mancare sulla propria tavola i piatti tipici della tradizione culinaria nostrana: salumi, formaggi, biscotti. Una cucina che si identifica come estrosa gastronomia rinomata in tutto il mondo grazie alle vie dell’emigrazione e alle scuole di alta formazione professionale che vede proprio la nostra provincia fucina di chef e rinomati cuochi. Il sontuoso cenone della “Vigilia” e l’elaborato pranzo di Natale condensano poi la filosofia gastronomica partenopea ed irpina. Una miscela che unisce tradizioni e sapori di terre diverse, ma che racchiude un’arte culinaria dalle elevate sfumature. Il cenone del 24 dicembre vede protagonista, su tutte le tavole, il pesce: spaghetti con le vongole (o lupini), baccalà, capitone fritto o spigola o orata al vapore, insalata di rinforzo con le immancabili papaccelle, peperoni piccoli e tondeggianti conservati sott’aceto, broccoli al limone, la ‘scarola’, noci, cassata siciliana. I prestigiosi vini doc e docg irpini, vera anima dell’Irpinia enogastronomica, innaffieranno ogni banchetto. Tutti i menu saranno coronati da frutta fresca di stagione, frutta secca, anche farcita ed aromatizzata, e tipici dolci natalizi gustati con un bicchierino di “nocillo” (liquore a base si noci) o di rosolio preferibilmente casalingo. Gli struffoli restano il tipico dolce natalizio, dalla forma di piccole sfere ricoperte di miele e corallini di zucchero. Al secondo posto, per consumo, si attestano i mostaccioli ricoperti, solitamente, da una glassa al cioccolato. Si narra che tale nome derivi dal latino mustacea o mosto, utilizzato dai contadini per l’antica ricetta. Ma la vetrina delle delizie non termina qui. Attingendo dalla tradizione partenopea anche sulle tavole irpine faranno comparsa i roccocò (nome dal francese rocaille per la barocca e rotondeggiante forma di conchiglia) e i divinamore, a base di pan di spagna ricoperto dalla tipica glassa rosa.

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