Maxi frode nel settore dei prodotti petroliferi: sequestro da 24 milioni tra Lazio e Campania

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Oggi è stato eseguito il sequestro preventivo disposto dal Gip di Napoli su
richiesta della Procura della Repubblica avente ad oggetto circa 24 milioni di euro pari al profitto di una frode fiscale realizzata nella commercializzazione di prodotti petroliferi da aziende operanti nel settore e dislocate in Campania e Lazio.

L’attività è stata posta in essere dalla Guardia di Finanza, Nuclei di Polizia
Economico-Finanziaria di Napoli, Trieste e Frosinone, le cui indagini hanno
consentito di ricostruire un complesso meccanismo societario che ha portato all’evasione dell’imposta IVA nella commercializzazione di prodotti petroliferi per l’autotrazione su tutto il territorio nazionale: grazie alla frode del mancato versamento IVA, il carburante veniva venduto a prezzi di gran lunga inferiori a quelli di mercato.

Sono state individuate decine di società che riuscivano a praticare prezzi
notevolmente inferiori perfino al costo di produzione, aventi sede su tutto il
territorio nazionale che riuscivano a praticare perché non versavano le dovute imposte; di qui il danno all’Erario accanto agli illeciti guadagni aziendali e personali. Il meccanismo fraudolento era incentrato sulla presentazione di false dichiarazioni d’intento che consentivano di omettere il pagamento dell’IVA sul carburante commercializzato e sulla creazione di schermi societari di aziende “cartiere” che sparivano senza pagare i debiti fiscali accumulati.

Il sequestro ha avuto ad oggetto le disponibilità finanziarie di società con sede legale nelle province di Frosinone e di Napoli e quelle dei loro amministratori legali e di quelli di fatto; con le attività investigative infatti è stato possibile individuare anche gli effettivi gestori delle aziende che spesso erano state intestate a prestanome.

Il sequestro oggi eseguito dimostra anche che, pure nell’attuale crisi economica cagionata dall’emergenza sanitaria, le violazioni fiscali vengono comunque realizzate e producono effetti distorsivi della concorrenza e del mercato poiché permettono la vendita di beni di primaria importanza a prezzi inferiori a quelli delle imprese che rispettano le leggi.