SOLOFRA- “Atteggiamenti gratuitamente violenti verso gli alunni i quali, tra le altre cose, erano tirati per le braccia e trascinati con forza nei vari spostamenti, anche a costo di farli rovinare a terra, venivano presi per il grembiule e colpiti sulla testa, subivano calci nel sedere, spintoni o schiaffi, venivano variamente minacciati ed incitati a picchiarsi l’un l’altro”. E’ uno dei passaggi della sentenza dei giudici della VI Sezione Penale della Cassazione, che hanno confermato il verdetto della Corte d’appello di Napoli, che in riforma della sentenza di primo grado, aveva ridotto l’interdizione dall’insegnamento nei confronti di Gerardo De Piano e Maria Laura Lieto a due anni, confermando nel resto la condanna degli imputati per maltrattamenti aggravati (artt. 572; 61, n. 11 cod. pen.), perché, in qualità di maestri di una scuola di infanzia di Solofra , avevano sottoposto gli alunni “ad un regime vessatorio, cagionando loro offese fisiche e psicologiche”. Come e’ noto la vicenda era stata ricostruita grazie alle riprese eseguite dai Carabinieri della stazione di Solofra (a cui le mamme si erano rivolte) ed aveva portato alle misure nei confronti dei docenti. Tutto nato dalle condotte di maltrattamento emerse dalle chat di wattapp, per cui i giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come: ipotesi trovò conferma nelle riprese delle videocamere istallate le quali, nell’arco di due mesi, documentarono episodi: numerosi, ripetuti vuoi anche nell’arco della stessa giornata, condensati in un contenuto lasso di tempo – dal che l’indiscutibile abitualità, requisito costitutivo dell’art. 572 cod. pen. (maltrattamenti), realizzati addirittura quando gli imputati erano già a conoscenza delle indagini in atto (incidentalmente, la buona fede che si pretende di farne discendere nulla toglie all’elemento soggettivo del reato, che si atteggia in chiave di dolo generico e, quindi, di mera coscienza e volontà della condotta)”. Tra i motivi del ricorso per Cassazione da parte della difesa dei due insegnanti, il penalista Gaetano Aufiero, anche la circostanza che nel verdetto di secondo grado non è stato spiegato: “perché il fatto non poteva essere qualificato ai sensi dell’art. 571 cod. pen., sebbene il reato di abuso dei mezzi di correzione sia compatibile con la reiterazione del gesto punitivo e con l’uso di una minima violenza fisica o morale”.
I giudici della Sesta Sezione Penale hanno anche accolto il ricorso presentato dal penalista Danilo Iacobacci, nell’interesse dei genitori di una delle bambine che frequentavano l’asilo, evidenziando come: La prova della presenza della minore nella classe degli imputati emerge dalle risultanze documentali e dai turni di servizio versati in atti, che dimostrano come la minore frequentasse la classe A, assegnata alla maestra Lieto e rientrante nel perimetro operativo del maestro De Piano, insegnante in tutte le classi dell’istituto (elenchi nominativi degli alunni e prospetti dei turni settimanali),essendosi omessa anche la valutazione delle videoriprese (dei mesi di aprile e maggio 2019) che attestano la presenza della minore all’interno della classe durante gli episodi oggetto di imputazione. I giudici della Cassazione hanno anche ritenuto corretta la valutazione sulla non configurabilità dell’ipotesi di abuso di mezzi di correzione, avanzata dalla difesa: “correttamente ha escluso la configurabilità dell’art. 571 cod. pen., sulla base dell’ormai pacifica giurisprudenza di legittimità, secondo cui esula dal perimetro applicativo di tale fattispecie qualunque forma di violenza fisica o psichica, ancorché sostenuta da animus corrigendi, atteso che, secondo la linea evolutiva tracciata dalla Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l’esercizio lecito del potere correttivo ed educativo – che mai deve deprimere l’armonico sviluppo della personalità del minore – lì dove l’abuso ex art. 571 cod. pen. presuppone l’eccesso nell’uso di mezzi che siano in sé giuridicamente leciti”. Per questo motivo ha rigettato i ricorsi della difesa dei due maestri (la Procura Generale ne aveva chiesto l’inammissibilità) e invece annullato la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili con riferimento alla predetta parte civile, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado d’appello.